"Dentro l’anima di Sofonisba Anguissola" raccontata nel suo diario segreto

"Come in uno specchio" (Rizzoli) è un viaggio lungo più di quaranta anni tra archivi, dipinti e silenzi, scritto dal professor Flavio Caroli per restituire voce e anima a Sofonisba Anguissola, la prima pittrice di fama internazionale nella storia dell’arte

Narodowe Muzeum
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Il professor Flavio Caroli ha dedicato oltre quaranta anni di ricerche alla figura di Sofonisba Anguissola, la prima pittrice di fama internazionale della storia dell’arte. Dalla scoperta casuale del “caso Anguissola” negli anni Settanta fino al nuovo libro “Come in uno specchio” (Rizzoli) che immagina il diario segreto dell’artista, il professore racconta il suo lungo viaggio tra quadri, archivi e sentimenti.

Professore, che cosa l’ha spinta a occuparsi di Sofonisba Anguissola, una donna così moderna e fuori dal suo tempo?

“Tutto nacque per caso, nel 1972. Mi trovavo in vacanza e un antiquario mi mostrò un quadro firmato da Lucia Anguissola, la sorella di Sofonisba. Era bellissimo, lo pubblicai subito sulla rivista Paragone nel 1973. Da lì cominciai a cercare notizie, ma non trovai quasi nulla: solo una citazione di Adolfo Venturi che ripresa da una del Vasari del ‘500. Da quel momento iniziai a studiare a fondo il caso: chiesi all’università le immagini dei quadri attribuiti a Sofonisba, e scoprii che metà non erano suoi. Insomma, era un terreno ancora tutto da esplorare e c’era una grande confusione”.

E da quella curiosità nacque il suo libro?

“Sì, esatto. Continuai a raccogliere materiali finché decisi di scrivere “Sofonisba Anguissola e le sue sorelle”, uscito nel 1987. Poco dopo divenni consulente per la provincia di Cremona e promossi la mostra omonima del 1994. Fu lì che “nacque” davvero il caso Anguissola: una pittrice praticamente sconosciuta, divenuta oggi una star riconosciuta a livello internazionale”.

Sofonisba è considerata la prima grande pittrice della storia dell’arte. Qual è, secondo lei, il suo quadro più rappresentativo?

“Senza dubbio “La partita a scacchi”. È un quadro unico per il 1555: non manierista, pieno di ironia e di vita. È ciò che nel Settecento si sarebbe chiamato una conversation piece: un dialogo familiare, spontaneo, illuminato da una luce moderna. Una finestra sul carattere libero e brillante di Sofonisba”.

Dopo il suo primo libro, lei ha continuato a studiarla e ora ha immaginato persino il suo diario. Perché?

“Perché abbiamo molte informazioni sui viaggi di Sofonisba, ma quasi nulla sulla sua anima. Nessuna lettera, nessuna confessione. L’unica eccezione è una sua risposta al duca di Toscana, quando difende il suo secondo matrimonio contro ogni divieto: “Ciò che si unisce in cielo non può essere sciolto in terra” gli dice. Ho sempre pensato che quel piccolo taccuino che tiene in mano in un suo ritratto, che è poi la copertina del mio libro, potesse contenere i suoi pensieri. E così ho deciso di scriverlo io, quel diario che non è mai stato trovato”.

Come si entra nell’anima di una donna vissuta cinquecento anni fa?
“Non lo so neanch’io. Ma ho vissuto con lei per più di mezzo secolo, studiandone i gesti, i luoghi, i silenzi. E poi, in tutta la mia vita, tutto ciò che ho avuto di buono è arrivato da figure femminili: mia madre, mia zia, mia moglie. Forse per questo mi è stato naturale cercare di capire l’anima delle donne”.

Quanto è stato importante l’amore nella vita di Sofonisba?
“Molto. La sua vita è guidata da due forze: l’amore per la pittura e l’amore umano. C’è l’affetto per il padre, l’attaccamento alla regina di Spagna, il dolore per la sua morte, e poi le passioni: quella per il primo marito siciliano, e soprattutto per Lomellini, il capitano più giovane di lei di oltre vent’anni. Un amore modernissimo, vissuto senza paura del giudizio. Lei aveva 48 anni, lui 25, ma fu un matrimonio felice. Incredibilmente libero per i tempi”.

Il viaggio è un altro grande tema della sua vita. Quanto ha influito sulla sua arte?
“Moltissimo. Dalla Cremona di provincia alla Milano dei governatori, poi Madrid, la capitale del mondo, dove diventa pittrice di corte e vive il dramma di Don Carlos, di Friedrich Schiller. Poi la Sicilia, la Genova mercantile, e infine di nuovo la Sicilia, dove muore. Ogni luogo l’ha trasformata. È stata maestra dei giovani che poi hanno dato vita al secolo d’oro della pittura genovese. Una donna europea, cosmopolita, quando le donne non viaggiavano affatto”.

Se potesse incontrarla oggi, cosa le chiederebbe?
“Le chiederei se le preoccupazioni per il proprio status sociale abbiano frenato la sua libertà creativa. Credo di sì: la Sofonisba giovane, libera e piena di luce dei quadri cremonesi, con gli anni si è dovuta adattare alle regole della corte di Madrid, la più rigida del mondo. E questo, inevitabilmente, l’ha limitata”.

È vero che la sua storia ha affascinato anche Johnny Depp?
“Sì. L’ho incontrato tempo fa: parlando di pittura gli raccontai la vicenda di Sofonisba. Gli dissi che suo marito era morto a largo di Capri, durante un attacco di pirati, e che sarebbe un film perfetto con lui protagonista. Mi rispose: “Very interesting”. In effetti, la vita di Sofonisba è già una sceneggiatura pronta: amore, arte, viaggi, tragedie e rinascite”.

Questo libro le ha dato finalmente pace su di lei?
“In parte sì, ma continuo a cercare. Ogni tanto spunta un nuovo documento, un quadro, una firma. Finché ci sarà qualcosa da scoprire, continuerò a farlo”.

Come in uno specchio

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