L’"ecopragmatismo", la via nuova e alternativa per sviluppo e ambiente

È un'intervista tra Giordano Riello giovane e affermato imprenditore Veneto e il professor Carlo Pelanda

L’"ecopragmatismo", la via nuova e alternativa per sviluppo e ambiente
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Si tratta di un libro davvero stimolante. Il titolo è molto ambizioso ed è Gestire la discontinuità. È un'intervista tra Giordano Riello giovane e affermato imprenditore Veneto e il professor Carlo Pelanda. L'idea di base, si capisce nelle due introduzioni affiancate, è di incrociare le prospettive. Quella, per l'imprenditore, di «alzare la testa dal tornio senza però perderlo di vista». Riello non è un imprenditore qualsiasi. È un giovane molto curioso e che evidentemente non si accontenta di quello che ha o che gli è stato fornito. Dall'altra parte Carlo Pelanda non è un docente tradizionale chiuso nell'accademia. Sono due le sue ricerche che in particolare si possono intrecciare con quella prospettiva di futuro di cui è gravida l'intervista. La prima, iniziata nel 1990 e proseguita per anni, sull'esaurimento della Pax americana; e una seconda pensata solo pochi anni dopo, nel 1994, focalizzata sull'impoverimento delle democrazie.

La cornice dell'intervista è questa, ma dentro c'è di tutto. Il cambiamento geopolitico è giustamente ritenuto il punto di partenza. Con il suo corollario fondamentale di crisi del libero scambio, che, come ricorda bene Pelanda, inizia con le critiche francesi alla Ttip che vanno oltre ad una critica solo protezionistica. In prospettiva ricorda Riello stiamo attenti a fare previsioni banali sul futuro americano. Per quanto imbizzarrita ha bisogno dell'Occidente o almeno dell'Europa per mantenere la sua primazia mondiale e quella Della sua moneta. Interessante la lettura delle follie ambientali. Nel terzo capitolo si sostiene che l' «ecopolitica» tradizionale sia rimasta troppo spesso intrappolata in ideologie e contrapposizioni sterili. Riello e Pelanda propongono invece l'«ecopragmatismo», un approccio attuabile che coniughi tutela ambientale e sviluppo economico senza generare paralisi produttiva. L'attenzione è rivolta a soluzioni concrete,

misurabili e applicabili subito nelle imprese e nei territori. Non si tratta quindi di rinunciare alla crescita, ma di guidarla in modo responsabile e sostenibile. Accanto a questo, l'«ecofuturizzazione» rappresenta la dimensione prospettica e visionaria della nuova «ecopolitica»: integrare tecnologia, energia pulita ed economia circolare per costruire un futuro rigenerativo.

«Ecofuturizzare» significa trasformare i sistemi produttivi con innovazione e ricerca, non solo con vincoli e restrizioni. In questo modo l'«ecopolitica» unisce pragmatismo operativo e capacità di progettare a lungo termine, affrontando il cambiamento climatico non come vincolo ma come occasione di progresso.

Bisognerebbe discuterne.

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