Leggi il settimanale

È la Poesia la spina dorsale di una nazione

Una grandiosa antologia della lirica italiana, da San Francesco a Montale (con sorprese)

È la Poesia la spina dorsale di una nazione

In un tempo in cui domina su tutto l'effimero e il transeunte, e il linguaggio è sempre più appiattito e virtuale, asservito ai numeri dell'algoritmo, una antologia come questa intitola Immortale Parola (Crocetti editore, pagg. 864, euro 50: a cura di Milo De Angelis, Nicola Crocetti e Davide Brullo), è già dal titolo una sfida frontale e sontuosa. La spina dorsale di una nazione, di una lingua è la sua poesia, la sua letteratura. Tutto passa, i potenti, i mercanti, i politici, i generali: la voce della poesia, per Foscolo, sfida di mille secoli il silenzio. La poesia italiana dal Tredicesimo secolo ad oggi ha costruito cattedrali di splendore alte verso il cielo, con l'eterno come meta da raggiungere, e grandi piazze piene di sole, ai bordi delle quali nel buio delle taverne qualcuno continuava a ricordare che l'essere umano è contraddittorio, fatto di carne, di piaceri sboccati, di desideri materiali. La poesia italiana, in virtù di Dante, suo fondatore, e fondatore del canone occidentale, maestro di plurilinguismo, di altezze sublimi e di infernali bassezze, fedele all'amore in tutti i suoi aspetti sino al più salvifico e divino, può contenere tutto, oro e fango, estasi e lussuria, introspezione e slancio, danza e impegno civile, raffinatezza e carnalità: sa essere dalla parte di Amleto o di Falstaff, per dirla con William Shakespeare, l'altro fondatore del canone secondo Harold Bloom.

E questa antologia lo mostra, con una mirabile ampiezza di scelte, che non lascia indietro niente. La introduzione di Milo De Angelis è magistrale. Un grande poeta, il più strenuamente attratto dal volto assoluto della poesia, qui ne sa condensare in poche pagine dalla lucidità tagliente il volto e il senso storico, con un rigore da antologista ma senza rinunciare a una sua personale idea dei valori in campo. Dopo la folgorante sintesi dal Gotico a oggi, che vale cento polverosi libri di storia letteraria scritti da diligenti studiosi, Milo De Angelis, nel paragrafo finale, quando si avvicina al contemporaneo, fa coraggiosamente e giustissimamente pochi nomi: Giuseppe Ungaretti, Antonia Pozzi, Franco Fortini, Mario Luzi, Vittorio Sereni, Eugenio Montale, concludendo con Cesare Pavese, lo stesso con cui chiudeva la sua celeberrima e studiatissima storia della letteratura italiana Natalino Sapegno, ma ribaltando il Pavese neorealistico in un Pavese «profetico», «sovrano del ritorno», una meraviglia per chi come me legge Lavorare stanca con un occhio alla potenza di Walt Whitman e al segreto del mito.

Un po' mi intendo di antologie. Forse solo lo sventato coraggio della giovinezza mi fece accettare la proposta di un indimenticabile grandissimo editore come Mario Spagnol di comporre prima un florilegio della lirica d'Occidente, e poi, in La poesia del mondo, di quella di tutte le maggiori tradizioni poetiche del pianeta. Usciti nella Guanda di allora, i due monumentali volumi dormono oggi introvabili. Ben venga ora una antologia come Immortale Parola, che segue quella della poesia universale curata da Crocetti e Brullo sempre per Crocetti Editore nel 2023. I lettori hanno bisogno di orientarsi, e le antologie li aiutano senza coartarli, senza volerli indottrinare, e anzi fornendo loro strumenti per scegliere e formare i propri gusti. Questa in particolare mi sembra completa e ben fatta in tutte le dimensioni. Alla splendida introduzione di De Angelis, seguono profili dei singoli autori scritti senza posture accademiche, in maniera brillante e nello stesso tempo con aderenza sapiente, tale che di ognuno viene fuori l'essenziale, l'indispensabile, il fascinoso. È inutile qui lo sterile gioco di chi c'è e chi non c'è. Ci sono tutti i poeti italiani dal Tredicesimo secolo a quelli nati prima del 1925, scelta editoriale corretta (con Spagnol avevamo scelto di fermarci ad autori nati prima della Prima Guerra Mondiale). Per ogni autore antologizzato ci sono testi immancabili, che ti aspetti, e altri che ti sorprendono. Per esempio di Alessandro Manzoni viene presentato Il cinque maggio, ma anche un sonetto giovanile Ritratto di se stesso: «Capel bruno, alta fronte, occhio loquace», in continuità con la tradizione di Alfieri e Foscolo. Ci ho trovato (perché il lettore può inoltrarsi nell'antologia come in una foresta, e fermarsi all'ombra degli alberi a lui cari) Ambrogio Viale, il ligure di Cervo con i suoi sonetti preromantici, Ceccardo Roccatagliata Ceccardi con la sua meravigliosa Quando ci rivedremo, Mario Novaro con le sue liriche acuminate di pensiero e di luce, e poi Boine, Sbarbaro, persino De Amicis e Remigio Zena. Ho cercato invano Lucio Piccolo con il suo barocco siciliano immaginoso e sapienziale. In compenso gli amati secentisti abbondano, con i cupi tormenti di Ciro di Pers e con le balbuzienti, le «belle tartaglianti» di Scipione Errico e Paolo Abriani. Un bel rilievo viene dato a Giambattista Marino: il suo sonetto contro il povero Murtola («Murtola, tu ti stilli e ti lambicchi») con la sua violenza polemica arguta in clamoroso crescendo fa impallidire e scomparire i dissing dei migliori (o peggiori?) rapper. E non mancano tenui arcadi da una parte e dialettali licenziosi come Giorgio Baffo, o maestri come Porta o Belli dall'altra. Una scoperta per me è stata la poesia intitolata La guerra di un autore che avevo del tutto dimenticato, Giuseppe Giusti (1809-50) a suo tempo vezzeggiato dal Manzoni con il nome di Geppino. Nel suo testo in sestine di settenari abilmente rimati vede ormai la guerra diventare brutale fatto economico, con una sorridente e insieme amara preveggenza: «Dormi Europa sicura;/ più armi e più paura».

E subito dopo: «La spada è un'arme stanca,/ scanna meglio la banca». Ecco il miracolo: anche la parola di un poeta minore e dimenticabile può durare e in una antologia come questa risvegliarsi e parlarci ancora del nostro tempo e dei suoi mali.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica