Cosa fa veramente paura alle persone? Quali sono i periodi della vita in cui si è più fragili e si può cadere vittima di incubi? Perché le case infestate ci spaventano così tanto? Cosa attira lì certi spettri e certe persone? Lo scrittore Jean-Baptiste Del Amo è abilissimo nell'inquietare i lettori con il suo romanzo horror La notte devastata(Gramma Feltrinelli) dove omaggia volontariamente il cinema horror degli anni Novanta ma anche molti classici della letteratura del terrore che vanno da L'incubo di Hill House di Shirley Jackson a Shining e It di Stephen King.
Non tutte le persone temono le stesse cose e lo sanno benissimo sia la casa infestata raccontata da Shirley Jackson sia il demonico Pennywise che invade con il suo orrore la comunità dell'immaginaria cittadina di Derry ma anche l'Hoverloock Hotel i cui vecchi ospiti non vorrebbero lasciar andare i nuovi. Per Del Amo il terrore si nasconde fra le pareti di una casa sperduta ai margini di Saint-Auch, un immaginaria cittadina del Sud della Francia. Un luogo spettrale che i giovani Thomas, Mehdi, Alex, Max e Lena non hanno mai volontariamente frequentato perché ha la fama di raccogliere qualcosa di terribile. Nelle loro giornate amano andare in scooter e frequentano abbandonate serre piene di rovi dove seduti su coperte e materassi (che impediscono loro di farsi male) possano ascoltare musica ad alto volume quella musica che racconta il disagio della loro comunità, pezzi laceranti dei Nirvana che urlano di rabbia. Questi giovani annoiati, non dialogano ma spesso litigano con i loro genitori, sopravvivono al bullismo nelle scuole che cercano di non frequentare e spesso compiono dei piccoli furti per sentirsi vivi. A cambiare per sempre la loro vita sarà un luogo misterioso dislocato in una piccola strada del paese, la dove finisce il vicolo cieco des Ormes. Vi si avvicineranno per indagare sulla misteriosa morte di uno dei loro compagni. Ma come alcuni giovani ladri non dovrebbero penetrare nell'abitazione della terribile famiglia Robeson raccontata ne film La casa nera di Wes Craven così i protagonisti del romanzo di Jean-Baptiste Del Amo non dovrebbero varcare la soglia di quella che a Saint-Auch viene considerata una dimora proibita: «Si aspettavano quasi di scoprire la casa abbandonata con tutte le imposte aperte, le luci alle finestre che illuminavano la notte come un'attrazione da fiera demoniaca, pronta a inghiottirli. Ma la trovarono fedele a sé stessa, appostata in fondo al vicolo cieco, nascosta dai rovi, simile a quei ragni neri che si annidano nelle crepe». «Gli anni '90 sono stati, per i ragazzi che eravamo noi spiega Jean-Baptiste Del Amo nella postfazione a La notte devastata - come per i personaggi di La notte devastata, di una spensieratezza collettiva, ma anche di una forma di estraneità, di inquietudine sorda. Lo storico americano Martin Jay è stato il primo a descriverli con l'espressione uncanny nineties, dove uncanny è la traduzione del termine tedesco unheimlich, dal celebre saggio di Sigmund Freud del 1919, per il quale non esiste una traduzione equivalente in francese ma che comunemente viene tradotto come inquietante estraneità... Non so in che misura io sia stato, bambino e poi adolescente, consapevole di quell'unheimlich, ma credo di averlo percepito e provato sulla pelle».
Ed è proprio in quel periodo della sua crescita che lo scrittore francese ha iniziato ad apprezzare intensamente la letteratura e il cinema horror. «Era l'epoca dei videoclub spiega Jean-Baptiste Del Amo - e niente mi rallegrava di più che prendere in affitto dei vhs dell'orrore o programmare l'apparecchio per registrare uno di quei film che in genere venivano trasmessi a tarda notte. Come per gli adolescenti di questo romanzo, il cinema dell'orrore mi sembrava avere il potere straordinario di tradurre in immagini le mie paure segrete, ma mi mostrava anche le infinite possibilità dell'immaginario, la libertà che offre la fiction nell'esplorazione delle zone più buie della nostra umanità». Consapevole delle emozioni ricevute da quell'immaginario il narratore francese sa come ci si debba muovere per stimolare certe emozioni: «Scrivere un romanzo dell'orrore richiede una fede assoluta nella fiction, cosa di cui solo i bambini sono perlopiù capaci.
Il genere costringe ad abbracciare l'immaginario e a credergli sul serio, ci offre l'esplorazione, al di là del reale, di territori sconosciuti che, tuttavia, ci legano tutti perché si nutrono di quell'antico e inesauribile humus costituito dai nostri terrori».