Dall'Egitto alla Libia, dov'è stato rinchiuso in un centro di detenzione. E poi, attraverso il mare su un barcone, in Italia, dove è arrivato legato mani e piedi. C'era anche Youssef Moktar Loka Barsom, ad appena 18 anni, finito in cella per piccole rapine, nelle carceri italiane già sovraffollate. Non ne è mai uscito. È morto soffocato a settembre 2024 dal fumo di un incendio divampato a San Vittore. Willy Boy ha 19 anni, una pistola tatuata sul braccio e una vita di piccoli reati fino a quando non è "approdato" nella comunità di Don Burgio, dove ha trovato ascolto e cura. F. tra poco farà 18 anni nel minorile di Catanzaro, dove è detenuto per aver partecipato al lancio di una bicicletta dai Murazzi del Po di Torino: ha colpito un giovane studente universitario di Palermo che resterà sulla sedia a rotelle per tutta la vita.
Delle loro esistenze "minori" e di quella di molte altre parla la giornalista Raffaella Di Rosa nel suo libro da poco pubblicato dal titolo "Vite minori - Storie vere di ragazzi dietro le sbarre" (il Millimetro). Quindici capitoli che offrono al lettore una realtà scomoda: le carceri sono piene di giovanissimi non così diversi dai nostri figli e dai loro compagni di banco. Guardarla in faccia è una questione di umanità, ancora prima di civiltà. Nel lavoro di indagine del libro sono raccolte le testimonianze di chi è a sua volta "recluso" perché in carcere ci lavora: agenti della polizia penitenziaria, cappellani, educatori, infermieri.
Alla presentazione, lunedì 27 ottobre alla Libreria Centofiori in piazzale Dateo a Milano, partecipa la ex presidente del tribunale per i minorenni Maria Carla Gatto, il fratello di Youssef, Jorge Barsom, e Fabrizio "Otis" Bruno dell'associazione 232, che nell'istituto penale per minori "Cesare Beccaria" promuove i laboratori rap.