La lezione di don Andrea: rispettare sempre chi è diverso da noi

L’aver conosciuto don Andrea Santoro, il sacerdote assassinato in Turchia, per più di vent'anni mi permette di poter esprimere un pensiero molto vicino al suo. La violenza, specialmente se ha connotati di fede, deriva sempre dall'ignoranza, dalla sufficienza, dall'arroganza, dall'orgoglio, dalla prevaricazione, dalla capacità di sapere cosa è giusto per l'altro e decidere quali sono i suoi pensieri e le sue aspirazioni: in poche parole è la massima esaltazione dell'idiozia umana.
Chi più, chi meno siamo tutti degli idioti, specialmente quando ci inventiamo valori con i quali giustifichiamo il nostro agire. Sbaglia anche un vignettista che decide che sia giusto offendere o ridicolizzare, in nome di un presunto valore di libertà, chi non ha la sua stessa cultura, storia e modo di pensare, massacrando, quindi, ciò di cui ha più prezioso. Penso che chiunque se la prenderebbe a male, secondo i propri parametri culturali, se si dileggiasse il proprio padre. Proprio per questo chi decide chi è buono o chi è cattivo soffia sul fuoco. Essere un martire, autentico, come Andrea, colui cioè che testimonia con la propria vita la propria fede e ciò in cui crede, non si decide a priori né se ne cerca un tornaconto di gloria. Andrea è vero testimone di quello che realmente è stato nel momento che accetta di morire perché riconosciuto «un diverso» da chi più amava e che voleva avvicinare. Andrea qualche tempo fa, durante un incontro con degli studenti universitari di Roma, diceva che per lui dialogo non significava andare di fronte al «diverso da sé» con una bocca per parlare e delle orecchie per ascoltare, ma solo con gli occhi, perché vedendosi ci si poteva conoscere e rispettare, così, semplicemente! Quindi quello che voleva costruire Andrea, e chi come lui, non è una rete di «solidarietà» tra i fedeli di altre religioni, ma la conoscenza reciproca che porta al rispetto reciproco.

Rispetto delle diversità, delle cose poco comprensibili, rispetto di chi ti è fratello perché comunque figlio di Dio. Questa sì che si chiama libertà!

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