Letteratura

La lezione di Ordine. Nulla è più utile della conoscenza (che sembra inutile)

Nel suo bestseller il filosofo contestava una visione "aziendale" e funzionale del sapere

La lezione di Ordine. Nulla è più utile della conoscenza (che sembra inutile)

Era bello, era forte, ed era anche vanitoso.

Sembrava un atleta, un giocatore di calcio, allegro, festoso, generoso. E rigoroso.

Ci parlavamo spesso, ed era sempre in partenza o di ritorno da un viaggio per una università, per una fondazione, per un istituto in cui andava a fare una conferenza sempre applaudita; ed era contento di raccontarmelo. Ma io non avevo dubbi.

Avevo sentito in tante circostanze il suo compiacimento di trovare qualcuno che sapeva cosa valeva. Spesso avevamo, come con un altro perduto, Giulio Giorello, fatto discorsi per le stesse università e negli stessi convegni, soprattutto alla Milanesiana, sotto il nume tutelare di mia sorella, che amava anche lui come un fratello, come un parente.

Quante volte è venuto a casa, a Ro, quante volte mi ha telefonato per manifestarmi la sua ammirazione, senza competizione, consapevole del proprio merito, felice di essere tradotto in molti paesi, felice di essere Cavaliere della legione d'onore, felice di aver vinto il premio Principessa delle Asturie, felice di avere avuto una nuova laurea honoris causa in qualche università, di cui si sentiva parte necessaria e vitale. L'università era la sua casa, il luogo privilegiato del rapporto con i giovani, cui lui dava la sua autorevolezza e la sua amicizia. Fu felice quando ottenne, nel 2014, il premio Cavallini Sgarbi, e, nel 2015, su mia segnalazione, il premio Il Sogno di Piero a Urbino. Ogni premio era la conferma della bontà dei suoi libri, della bontà dei suoi sstudi, della bontà della sua intelligenza. L'ho sentito anche il giorno prima che la violenza del male lo colpisse, perché voleva parlarmi di Telesio e del Centri studi che lui presiedeva, nel necessario rapporto con le istituzioni di tutela e conservazione, con la garanzia dell'amico Fabrizio Sudano.

Ha difeso il sapere come un bene puro, come uno strumento di difesa, contro la subordinazione della conoscenza al lavoro.

Lo ha detto in ogni incontro, in ogni intervista: «Le scuole non sono aziende. Oggi si fa credere ai ragazzi che devono studiare per imparare un mestiere. Invece, il compito di un buon docente è far capire che occorre studiare per diventare migliori. Poi chi diventa migliore potrà anche guadagnare dei soldi. Ma formare giovani per il mercato non può essere la finalità».

Amava la vita, amava la bellezza, amava la conoscenza.

La conoscenza è bene, l'ignoranza è male. Per questo Nuccio era un uomo buono, con principi e valori chiari che lo rendevano un guerriero, come pochi intellettuali sono stati.

Bastava sentirlo per capire la verità della sua passione per la conoscenza, quella che si sintetizza nel libro L'utilità dell'inutile.

Nuccio era euforico e disperato, vivo nel suo sapere e afflitto dall'altrui ignoranza di cui egli soffriva come una forma di incompiutezza dell'umanità, di limitazione del bene. Non moralista, ma non indulgente. Un uomo antico, un umanista, forte della propria sapienza come resistenza alla paura. Mi piace, per ricordarlo lasciar parlare in tutta spontaneità, un altro uomo onesto, che fu Assessore alla cultura della Regione Calabria, Mario Caligiuri, stupito, incredulo e dolente: «Non avevo una particolare consuetudine con Nuccio Ordine, ma ho provato un profondo dispiacere per la sua morte, prematura e improvvisa Di lui ho pochi, chiari ricordi. Il primo nel 2001 sulle spiagge di Diamante, c'era la campagna elettorale e lui era in versione balneare sulla spiaggia, distante dai ludi cartacei, in compagnia di una bellissima donna. Una diecina di anni dopo, quando, da assessore regionale alla cultura, invitai nei licei classici calabresi Gerardo Marotta, Nuccio lo venne a trovare a Cosenza e nell'aula magna del Telesio fece un intervento bellissimo. Pochi anni dopo, nel gennaio 2017 ricordo Nuccio in lacrime mentre portava a spalle il feretro di Gerardo Marotta nell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici a Napoli Al Salone del libro di Torino, ogni volta che incontravo nel suo stand l'editore Nino Aragno, mi parlava di lui e dei loro trascorsi parigini. Lo seguivo a distanza e con ammirazione. A cominciare dal successo planetario del suo libro L'utilità dell'inutile, in cui aveva ingaggiato una lotta per il riconoscimento dei valori della cultura umanistica in uno scenario dominato sempre di più dalle tecnologie Era stato tra i fondatori dell'avventura editoriale La nave di Teseo di Elisabetta Sgarbi, insieme a Umberto Eco, che invitò all'Università della Calabria a tenere una lectio magistralis. Sto correggendo le bozze di un libro sulle ricadute dell'Università della Calabria e del sistema accademico sulla società calabrese dopo mezzo secolo. Ho scritto che tra i più noti docenti c'è (ora non c'è più) Nuccio Ordine, per i suoi studi sul Rinascimento e su Giordano Bruno, che attualizzano una cultura rimossa di straordinario aiuto per mantenere il primato dell'intelligenza umana nello scontro inevitabile con l'intelligenza artificiale. Nelle celebrazioni che seguiranno, sempre inevitabilmente retoriche, specie quelle accademiche, non so se emergerà un tratto particolare della sua figura, distante da alcune logiche rasoterra che caratterizzano la Calabria, perché la sua dimensione culturale era internazionale. Da questo punto di vista, una mosca bianca, un deviante, un eversore, in una regione - e anche in una nazione - che spesso si accontenta del nulla».

Non sono parole di un amico,e tanto più valgono perché confermano, in partibus infidelium, il valore oggettivo, evidente, nel sentirne la carica umana, la passione, la profonda diversità, che lo rendevano unico, ammirato e

rispettato per la forza delle sue idee e la capacità di interpretarle, lasciandone traccia profonda il chi lo incontrava. Era bello, era forte, ed era vanitoso.

Ci mancherà anche per questo. Ci mancherà la sua generosa amicizia.

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