Via libera alle ruspe: la polizia sgombera i guerriglieri anti Tav

C’è voluta una prova di forza per espugnare l’autonominatasi Libera Repubblica della Maddalena, il presidio dei No Tav attivo da fine maggio nei pressi di Chiomonte, in Val di Susa, nella provincia di Torino. Oltre 2500 uomini tra poliziotti, carabinieri e finanzieri hanno sbaragliato i blocchi e le barricate dei manifestanti, resistito alla guerriglia di quanti tra i «partigiani» del 2011 hanno un concetto tutto personale della resistenza pacifica, costretto infine tutti a disperdersi nei boschi e poi a sbaraccare il presidio. È stata eseguita così l’ordinanza di sgombero firmata dal prefetto di Torino Alberto Di Pace, e restituita allo Stato l’area destinata al primo cantiere del nuovo collegamento ad alta velocità Torino-Lione, sette fondamentali chilometri di tunnel. I lavori devono infatti partire entro il 30 giugno per non perdere i finanziamenti europei, come ha ricordato pochi giorni fa Bruxelles.
Missione compiuta, per la soddisfazione del ministro dell’Interno Roberto Maroni: «È andata bene, è stato aperto il cantiere e le forze dell’ordine si sono comportate molto bene». E per la ferrea logica di Silvio Berlusconi, che in serata ai suoi argomenta: «Abbiamo ascoltato tutti, sentito le ragioni delle diverse parti e lavorato per arrivare a soluzioni condivise, ma ora non si può più perdere tempo altrimenti rischiamo di restare fuori dall’Europa e questo sarebbe inaccettabile». Da parte loro i No Tav riconoscono ma minimizzano lo smacco: «Abbiamo perso un round, non la guerra», dice il leader Alberto Perino, che fa intendere future forme di lotta che trovano nei social network l’amplificatore sempre acceso: «La Tav - si legge su twitter - sarà il Vietnam dei vecchi media e dei partiti politici morti».
È di un’ottantina di feriti (28 tra le forze dell’ordine), nessuno dei quali fortunatamente grave, il bilancio degli scontri in un lunedì che la Val di Susa non dimenticherà facilmente. Una giornata iniziata all’alba, quando le forze dell’ordine chiudono l’autostrada Torino-Bardonecchia per consentire il transito del corteo di blindati e ruspe diretti alla Maddalena. Quasi in tempo reale le vedette dei No Tav suonano le loro trombe e i manifestanti organizzano la resistenza. Le strade della Val di Susa diventano un percorso di guerra: ovunque barricate, tronchi di albero, chiodi, olio, filo spinato, in particolare alla centrale elettrica e alla galleria Ramats. Ogni blocco una guerriglia, un lancio di oggetti, una risposta a colpi di lacrimogeni. Tra il disperato e il situazionista l’azione di Turi Vaccaro che, il volto dipinto, da solo fronteggia la pala meccanica che sta demolendo una barricata e viene circondato, fermato e identificato. Alla fine i manifestanti si ritirano nei boschi che circondano la strada, e sfogano la loro frustrazione distruggendo alcune vigne e continuando a bersagliare in ogni modo l’odiato corteo. Ma non è il giorno per esitazioni o trattative. Le forze dell’ordine vanno avanti, operano lo sfratto dei movimenti, organizzano il trasloco dell’accampamento, infine consegnano l’area all’impresa appaltatrice.
Nel pomeriggio la battaglia si sposta a Torino, dove i manifestanti si fanno sentire davanti al municipio, e a Roma, dove frange dell’estrema sinistra inscenano una gazzarra di fronte a Palazzo Chigi, poi bloccano la vicina via del Corso e infine lanciano - ecumenici - due fumogeni contro la sede del Pdl in via dell’Umiltà e contro la sede del Pd in via Sant’Andrea delle Fratte.

Perché dopo le parole di Pier Luigi Bersani («nel movimento No Tav ci sono anche frange violente. Non possiamo consentire che il processo di decisione venga bloccato da iniziative prese da una frangia limitata di persone») tra i nemici dei No Tav spuntano anche i democratici.

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