Via libera Uil a Marchionne: «Sì al contratto ad hoc per l’auto»

«Non è la prima volta che accade, glielo garantisco....». Luigi Angeletti, segretario generale della Uil, non intende commentare il comportamento dei tre operai della Fiat Sata reintegrati dal giudice di Melfi dopo il loro licenziamento. Però annuncia che in settembre la Uil e la Cisl concluderanno un accordo «per creare un segmento del contratto nazionale dei metalmeccanici che riguardi il settore auto, come già avviene per la siderurgia». In sostanza, la proposta Marchionne si avvia a diventare una realtà, anche se difficilmente la Cgil l’accetterà. E del resto, la vicenda degli operai di Melfi pesa sul confronto.
Quanto pesa, segretario?
«I licenziamenti - spiega Angeletti - non ci piacciono, abbiamo scioperato tutti insieme contro di essi, ma infine deve essere il giudice a decidere. Se gli operai dovranno rientrare in fabbrica sarà il magistrato a stabilirlo. É già successo, non faccio i nomi delle aziende perché sarebbe di cattivo gusto, ma ci sono imprese che hanno pagato salari per lungo tempo senza far rientrare i dipendenti nei luoghi di lavoro».
Angeletti, non sospetta che su questa vicenda si stia facendo un chiasso forse eccessivo?
«Io penso che la questione più importante non sia Melfi, ma Pomigliano. Mi spiego: qual è il problema principale del Paese e, naturalmente, anche di chi produce automobili? L’incremento della produttività. Per vendere le auto bisogna produrle con costi competitivi, altrimenti non si vendono. Noi abbiamo detto alla Fiat: dobbiamo produrre più vetture in Italia, diteci come. La risposta è stata l’accordo di Pomigliano, un impianto dove l’azienda vuole produrre di più. Dobbiamo mettere in atto politiche che amplino l’occupazione e la produzione, altrimenti questo Paese non ce la può fare».
E in questo quadro positivo si è inserito l’incidente di Melfi. Sembra quasi fatto apposta...
«Tutto è precipitato su una questione accidentale. La Fiom (i metalmeccanici della Cgil, ndr) sciopera a Melfi sulla vicenda di Pomigliano, e durante questo sciopero si svolgono dei fatti, di cui io ho soltanto letto, che inducono l’azienda a licenziare tre operai. Non ci fa piacere, ma ora la parola passa al giudice».
É innegabile che questa vicenda porta fatalmente a esaminare, in generale, le diverse riposte sindacali agli accordi come quelli di Pomigliano, ma non solo.
«Fra noi e la Fiom c’è una strategia molto diversa: l’idea di far tornare il Paese alla lotta di classe è semplicemente patetica. Noi pensiamo che, invece, sia essenziale la cooperazione fra imprese e lavoratori. Stiamo attraversando un’era, non solo un periodo, in cui senza la convinta partecipazione dei lavoratori un Paese manifatturiero come il nostro non ha futuro. Sono 6 milioni i dipendenti della manifattura in Italia. Per loro, e per le imprese, è assolutamente necessario ridurre il peso delle tasse.

Siamo sulla strada giusta, con la detassazione degli incrementi salariali di produttività, e delle indennità di turno. Le tasse si possono ridurre, anche tagliando i costi della politica, che sono enormi: sarà il tema di una nostra grande manifestazione in ottobre».

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