Liberalizzazioni, Capezzone avvisa Bersani

L’esponente radicale contesta la marea di emendamenti al decreto: non sarà un’arca di Noè

da Roma

«Il decreto non si può trasformare in un’arca di Noè. Sarò scrupolosissimo nel verificare l’ammissibilità di tutti gli emendamenti». Il presidente della commissione Attività produttive, il radicale Daniele Capezzone, intende usare l’accetta nei confronti del centinaio di emendamenti che sono stati presentati al decreto Bersani-bis, la seconda «lenzuolata» di liberalizzazioni.
Un atteggiamento che preoccupa non poco la maggioranza, speranzosa in un corposo repêchage di pezzi del disegno di legge abbinato al decreto in sede di conversione del provvedimento d’urgenza. Alla fine di un’intensa giornata di lavoro, preso tra i continui tiramolla tra Quercia e Margherita, il relatore Andrea Lulli (Ds) ha confermato l’intenzione di traghettare alcune norme nel decreto: presumibilmente la liberalizzazione della componentistica auto e l’eliminazione dell’iscrizione al libro dei soci nelle piccole imprese.
Un altro emendamento presentato dallo stesso relatore, se approvato, sancirebbe la definitiva entrata in vigore - senza rinvii - il 5 marzo dell’abolizione dei costi di ricarica per le schede prepagate di telefonia mobile (con conseguente ricarico sulle tariffe). Per il taglio dei costi di ricarica delle prepagate per Internet e digitale terrestre, previsto da un altro emendamento, bisognerà attendere l’ok del Parlamento all’articolato.
Ma che cosa cambierà veramente a parte il titolo del decreto che è stato ulteriormente allungato? Innanzitutto rischiano di restare nel ddl misure importanti come l’abolizione delle commissioni bancarie di massimo scoperto. Nel decreto legge, invece, non si dovrebbero fare distinzione tra mutui a tasso fisso e mutui a tasso variabile per quanto riguarda l’abolizione delle penali per estinzioni anticipata e portabilità. Tra le modifiche allo studio, inoltre, la possibilità di sanzioni per i benzinai della rete autostradale (e forse anche per le concessionarie) che non ottempereranno all’obbligo di pubblicizzare i prezzi.
Alle forze politiche è chiaro che la portata rivoluzionaria del decreto è limitata. Anche per questo motivo il ministro Bersani in una riunione con il gruppo dell’Ulivo ha invitato i deputati a «tenere ferma la barra perché dietro il perfezionamento della norma si nasconde anche la volontà di non fare niente». Insomma, meglio portare a casa un minimo risultato. Il capogruppo ulivista, Dario Franceschini, a scanso di equivoci, ha ribadito di voler «andare in Aula il prima possibile con il decreto e ci prendiamo l’impegno di non far finire il ddl in un cono d’ombra».
E su questo terreno è stato sfidato da Adolfo Urso e Stefano Saglia di An che hanno presentato un emendamento con il quale si «travaserebbe» la liberalizzazione dei servizi pubblici locali del ddl Lanzillotta opportunamente modificato nel provvedimento bersaniano. Capezzone permettendo.


«Qui manca del tutto un disegno riformatore», ha ribadito Gianstefano Frigerio, responsabile dipartimenti di Forza Italia. Intanto, mentre i benzinai sono sul piede di guerra, i dipendenti dell’Isvap hanno scritto a Prodi e Padoa-Schioppa perché non li facciano scomparire nell’ambito del ridisegno delle Authority.

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