Rientrerebbe nella casistica dei sequestri lampo operati dalla criminalità cinese ai danni di connazionali facoltosi il sequestro della ragazza di 14 anni, figlia di un imprenditore cinese attivo da anni nella zona di Vedalago (Treviso), sequestrata il 27 novembre e liberata domenica sera - dopo 5 giorni - grazie a un blitz dei carabinieri di Treviso in un appartamento di viale Brenta (zona corso Lodi), dove la ragazza veniva tenuta prigioniera. Ne sono convinti gli stessi investigatori che, fin dai primi momenti, dopo che la famiglia della giovane aveva presentato una denuncia ai carabinieri di Castelfranco Veneto (Treviso), hanno indirizzato le indagini soprattutto nellambito della criminalità cinese, arrivando ai tre autori del sequestro, ora in manette: Yong Yang e Hu Cong Po, entrambi 27enni, insieme a Pang Wen Yao, di due anni più vecchio.
La famiglia della 14enne, il cui padre è titolare di una azienda di involucri di carta, aveva ricevuto una telefonata con una richiesta per la liberazione di 500mila euro. Dopo due giorni dalla scomparsa della ragazza e dalla telefonata i congiunti avevano presentato una denuncia ai carabinieri, nonostante avessero ricevuto lindicazione di non parlarne con nessuno.
La ragazzina era stata prelevata mentre si recava a scuola e poi condotta in auto a Milano. Nellappartamento di viale Brenta era tenuta stesa su un letto, con le mani e i piedi legati e con gli occhi e la bocca chiusi da nastro adesivo. Veniva nutrita con merendine e acqua.
La sensazione tra i carabinieri della città veneta che hanno condotto lindagine e arrestato i tre responsabili è che questi cinesi siano «preparati esperti» sul piano criminale, che abbiano condotto il rapimento senza tralasciare nulla e convinti di poter fare leva sulla paura della famiglia. È ancora troppo presto però per capire se la loro posizione può essere o meno ricondotta a organizzazioni criminali cinesi «strutturate» operanti in Italia, specie nellarea tra Lombardia ed Emilia Romagna.
«Li abbiamo presi da qualche ora - dice il colonnello Paolo Nardone, comandante provinciale di Treviso - e non ci stanno certo dando una mano».
A indicare che i tre comunque sapevano il fatto loro anche la circostanza che nel corso della telefonate fatte al padre o alla madre della ragazzina, usando dei cellulari, non hanno «mai fatto sconti» sulla richiesta di 500mila euro.
I rapitori, secondo una delle ipotesi di lavoro ancora al vaglio, potrebbero aver compiuto una sorta di «indagine» sullo stato patrimoniale della famiglia cinese poi presa di mira. Indagini sono in corso, poi, per stabilire se ci sono o meno altre persone coinvolte nellattività criminale.
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