«Libertà di stampa: cambieremo i criteri per valutare l’Italia»

«Libertà di stampa: cambieremo i criteri per valutare l’Italia»

Felice Manti

da Milano

«In Italia c’è ancora una situazione di “parziale libertà” per quanto riguarda la stampa e il diritto di espressione». Comincia così il comunicato della Freedom House, la società americana che ha stilato il contestato rapporto sulla libertà di stampa nel mondo, assegnando all’Italia il 77° posto, e ripreso anche da Adriano Celentano nella trasmissione Rockpolitik. La società prende anche le distanze dall’intervista rilasciata al nostro giornale quasi un mese fa: «Contrariamente a quanto scritto da Il Giornale del 26 ottobre, le azioni legali contro i due giornalisti Massimiliano Mellili e Lino Jannuzzi non sono le uniche ragioni (sole reason) della retrocessione dell’Italia».
La precisazione della società Usa, oltre che tardiva, è anche imprecisa, perché Il Giornale non ha mai sostenuto che i due arresti fossero le uniche ragioni, ma semplicemente che, cifre alla mano, senza quegli arresti saremmo stati un Paese anche da loro considerato libero. La richiesta di ulteriori chiarimenti ai responsabili della società è stata difficile: la Karlekar, contattata via e-mail, risulta assente da domenica scorsa e fino al 2 dicembre. Riusciamo a parlare con Sarah Repucci, che ha redatto la precisazione.
Come mai questa precisazione, un mese dopo l’intervista?
«Karin Karlekar dice di essere stata mal interpretata nell’intervista, e ancor di più perché qualcuno, dall’Italia, ha detto che l’unica fonte che ha ascoltato l’estensore del rapporto è il quotidiano Repubblica. Questo lo smentisco».
Nient’altro?
«Avete sostenuto che il motivo principale della vostra posizione era l’arresto dei due giornalisti».
No. La Karlekar mi ha detto che senza quelle due sentenze della magistratura la nostra posizione sarebbe stata diversa. Saremmo stati liberi...
«I due arresti hanno pesato, non saprei se 6 punti come dice lei o no. Ma i problemi dell’Italia sono altri. Cito dal rapporto: il premier Berlusconi e la sua famiglia, che hanno interessi nel settore dei media, la legge Gasparri...»
Lei sa che cosa prevede la Gasparri?
«No».
Annuncia la possibile privatizzazione della Rai, che toglierà la tv pubblica dal controllo del potere politico. Moltiplica i canali televisivi grazie al digitale terrestre, prevede un contributo per l’acquisto del decoder. Lo sapeva?
«No».
Sul vostro rapporto si legge: «I critici sostengono che questa legge rinforza il potere di Berlusconi sui media». E quelli che sono favorevoli?
«Non saprei».


Chi ha redatto il rapporto?
«Questo non posso dirglielo, deve rimanere segreto. Ma posso assicurarle una cosa».
E cioè?
«Che il prossimo anno, quando valuteremo la situazione italiana, ascolteremo anche altre voci».

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