Libia, a cento giorni dalla rivolta gli insorti annunciano: «Vittoria vicina»

Il presidente del Consiglio nazionale di transizione, Mustafa Abdel Jalil, sottolinea «il forte sostegno internazionale» alla rivolta e saluta con favore «la presa di posizione del G8»: «nessun negoziato sarà possibile» se Gheddafi e il suo regime non lasceranno il potere.

Non sono bastati cento giorni per costringere Muammar Gheddafi a lasciare il potere che dal 1969 gestisce in Libia, ma i ribelli della Cirenaica sono convinti che la vittoria finale «è ormai vicina».
«Sono cento giorni dall'inizio di questa rivolta benedetta e vediamo emergere la vittoria sul piano nazionale e internazionale», ha stimato a Bengasi il presidente del Consiglio nazionale di transizione (Cnt), Mustafa Abdel Jalil, sottolineando «il forte sostegno internazionale» alla rivolta e salutando con favore «la presa di posizione del G8», secondo il quale «nessun negoziato sarà possibile» se Gheddafi e il suo regime non lasceranno il potere.
Jalil, per la verità, lo andava ripetendo da tempo: «Gheddafi non è come Ben Alì o Mubarak, con lui non è possibile una soluzione politica». E infatti il rais, asserragliato in qualche bunker segreto a Tripoli o nella natia Sirte, ha respinto sdegnato al mittente anche l'ultimo appello alla resa lanciato in coro dall'Occidente e dalla Russia all'ultimo G8 di Deauville, in Francia.
«Non siamo interessati, Gheddafi non se ne va», ha annunciato il vice ministro degli Esteri di Tripoli, Khaled Kaaim. Bocciata anche la proposta di una eventuale mediazione della Russia, offerta dal presidente Dmitri Medvedev, che invece è stata accolta con entusiasmo dagli insorti. L'offerta, un'inversione di rotta da parte del Cremlino, tradizionale alleato di Tripoli, rappresenta un sostegno per le potenze occidentali, determinate a mettere fine ai 41 anni di regime di Gheddafi.
Medvedev ha anche annunciato di aver spedito il suo inviato speciale per l'Africa, Mikhail Margelov, a Bengasi e ha detto di sperare in un ripensamento da parte dei rappresentanti del governo di Tripoli. «Non dovremmo parlare con Gheddafi, ma con i suoi figli o con i membri del suo entourage», ha detto Margelov.
La Nato ha intanto annunciato di essere pronta a schierare elicotteri da attacco per la prima volta in Libia, per intensificare la pressione sulle forze di Gheddafi sul terreno. E anche i raid su Tripoli sono stati intensificati, pure in pieno giorno.

Nel mirino c'è sempre la caserma bunker di Gheddafi di Bab al Azizyia, anche se la Nato ripete che il
colonnello non è un obiettivo. Ma le forze di sicurezza del rais hanno dimostrato di essere lontane dalla sconfitta, contrattaccando nella notte con razzi e mortai postazioni dei ribelli e combattendo alla periferia di Misurata.

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