Paolo Bianchi
Una moda passeggera o forse molto di più. Forse linizio di una tendenza. Stiamo parlando dellabitudine che si sta diffondendo fra molti milanesi, soprattutto dellhinterland, alla «lettura condivisa». Li chiamano anche «gruppi di lettura», ed è unidea che viene, tanto per cambiare, dai paesi anglosassoni. Tutto è iniziato a metà degli anni Novanta. In Spagna è unattività che già coinvolge milioni di persone. Si tratta di formare dei circoli, mai più di trenta individui, che si ritrovino a scadenze fisse avendo letto tutti lo stesso libro, in genere un romanzo. A prima vista può sembrare unevoluzione della «lettura collettiva», in uso nei conventi, nelle chiese o più semplicemente durante i reading di presentazione di unopera scritta. Ma qui non è solo una voce a leggere perché tutti intendano, ma sono i molti a leggere in silenzio, salvo poi trovarsi per far confluire impressioni e giudizi in ununica serata-contenitore. In Italia i gruppi di lettura hanno una caratteristica specifica in comune: sono quasi tutti promossi e ospitati dalle biblioteche. «Soprattutto in quelle della provincia», spiega Luca Ferrieri, direttore della biblioteca di Cologno Monzese e coordinatore, insieme a Luigi Gavazzi, di uno dei primi gruppi di lettura italiani. «Si tratta di iniziative di promozione della lettura. Aderiscono tuttavia soprattutto i cosiddetti lettori forti, così definiti dallIstat coloro che leggono una media di più di dieci libri allanno. Nel nostro caso l'iniziativa ha riscontrato un notevole successo. Il primo gruppo, arrivato a trenta elementi, il massimo che consente a ciascuno di esprimere il proprio giudizio senza sforare in riunioni troppo lunghe, ha generato per gemmazione un secondo gruppo, e poi un terzo, composto da lettori più giovani». La condivisione dello stesso libro rappresenta un valore aggiunto alla lettura. In parallelo, si sono sviluppati nellultimo anno, diversi altri gruppi: a Segrate, a Melegnano, a Rozzano, a Novate. Altri ancora sono nati in ambito privato, come a Lissone e a Sesto San Giovanni. Ma le biblioteche civiche restano un punto di riferimento forte, soprattutto perché dispongono di sale riunioni e della possibilità di imprestare i libri alla maggioranza dei partecipanti.
«Noi i libri non li acquistiamo, ma ce li procuriamo attraverso un programma di scambio con altre 52 biblioteche», dice Giacomina Virga, responsabile dei gruppi di lettura della biblioteca di Rozzano, nella modernissima Cascina Granda. «Non abbiamo neanche un coordinatore fisso. Di volta in volta, tra i vari libri proposti, se ne scelgono a maggioranza due, uno ufficiale e uno sotterraneo, che si lega al primo per trama, contenuti o argomenti analoghi. Se ne discute il mese successivo. Tra gli ultimi libri letti, Il Parnaso ambulante di Christopher Morley e Prima che il gallo canti di Cesare Pavese».
I lettori che amano riunirsi sono in genere persone di scolarità medio alta, insegnanti, professionisti, qualche pensionato. Tra i giovani, soprattutto studenti universitari. In alcuni gruppi il coordinatore, che esercita una funzione di controllo, è chiamato «maestro di gioco». Non a caso, perché la lettura condivisa è una forma di gioco, e come ogni gioco è anche unattività maledettamente seria.
«Procediamo per filoni», commenta ancora Ferrieri. «Nellultimo anno e mezzo, partendo da un libro di Paul Auster, abbiamo affrontato opere che trattassero il tema della casualità, del caso e del caos. La prossima sarà Identità e violenza di Amartya Sen, mentre il gruppo dei giovani segue un filone di narrativa italiana più recente, per esempio La boutique del mistero di Dino Buzzati".
Le riunioni avvengono di solito la sera dei giorni feriali. Dice Anna G., una professoressa di lettere quarantenne in un istituto tecnico: «Per me è anche un modo per evadere dalla routine familiare. Già la lettura risponde allesigenza di ritagliarsi uno spazio mentale tutto per sé. La sua condivisione la rende unesperienza meno solitaria, unoccasione per socializzare».
Certo non è come andare a scuola di balli latino americani o ai corsi di cucina. Cè anche qualcosa in più e lo si capisce benissimo facendo due chiacchiere con i partecipanti abituali. C'è in tutti loro il rifiuto della televisione, delle forme di comunicazione codificate in ufficio o sul posto di lavoro, talvolta perfino in famiglia. Si sente, forte, il desiderio di unesperienza nuova attraverso lesercizio di affinità elettive. Nellhinterland milanese i gruppi sono almeno dieci. I meglio organizzati comunicano tra una riunione e laltra via Internet, attraverso blog e forum. «Ma la Rete non può in alcun modo sostituire il momento dellincontro fisico a cadenza mensile, che ha un che di rituale», sottolinea un giovane frequentatore.
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