da Milano
«Quando Benedetto divenne Bettino», che è il titolo dello struggente libro appena scritto da Paolo Pillitteri sul Craxi milanese, erano proprio altri tempi, 40 anni fa, altro mondo. Erano altri tempi anche otto anni fa, quando Craxi morì di malattia e abbandono ad Hammamet. Ma forse, se lex sindaco di Milano avesse raccolto le memorie di quel tempo felice anche solo lanno scorso, non avrebbe stipato il Circolo della stampa come ieri sera, un salone che sembrava di colpo rimpicciolito con 150 persone sedute e altrettante in piedi per la presentazione del volume.
Non si sarebbero riuniti Carlo Tognoli e Bruno Tabacci, Giuliano Ferrara e Fedele Confalonieri, Ugo Finetti e Alberto Bevilacqua, Roberto Formigoni e Gianni Cervetti, lavvocato Giannino Guiso, Giorgio Gangi e tanti ex maggiorenti milanesi craxiani doc che in maggior parte hanno lasciato la politica ma ancora rimpiangono Bettino. E anche qualche volto televisivo, come Gabriella Golia e Davide Mengacci, che non si vedono più ma non sono stati dimenticati.
Il leader del fu partito socialista morì il 19 gennaio 2000 e soltanto adesso si può parlare di lui avendo come unici contestatori gente come Pietro Ricca. La figlia Stefania (ieri in prima fila) presenterà un documentario sul padre, il figlio Bobo (assente) ipotizza una fiction che Confalonieri, presidente di Mediaset, vedrebbe come «una bella cosa». Il cognato gli ha dedicato un libro che è «un duplice atto damore», come scrive Antonio Ghirelli nella prefazione.
Ieri Pillitteri ha messo assieme un tavolo deccezione, amici e testimoni di un periodo in cui - parole di Ferrara - «si progettava con fantasia e sensibilità un grande disegno politico». E ognuno ha ricordato il «suo» Craxi. Il governatore lombardo Formigoni ha ricordato «il leader che faceva squadra, il laico mai scivolato nel laicismo, lo statista attento agli scenari internazionali». Tabacci si è chiesto come sarebbero andate le cose tra Craxi e De Mita senza la repentina scomparsa di Albertino Marcora, il tessitore dei rapporti tra i due. Ferrara ha rievocato il primo incontro con Bettino nellufficio in piazza del Duomo assieme a Berlusconi: «Con generosità e disponibilità chiusero i conti del giornale Reporter, di cui era direttore Enrico Deaglio. Cera anche lui quel giorno, e mi dispiace che negli anni se ne sia dimenticato».
Il giornalista Oscar Giannino ha confessato la sua «conversione» su Bettino: «Quandero portavoce di Spadolini scrivevo un pezzo al giorno contro di lui. Noi volevamo il compromesso storico, lui si opponeva. Ci andavo pesante perché per noi era pericoloso. Ma il giorno del famoso discorso sui costi della politica capii che erano le stesse parole di Ugo La Malfa al tempo dello scandalo dei petroli, la medesima assunzione di responsabilità. Craxi aveva combattuto per lautonomia della politica e non era ancora troppo tardi per evitare quellerrore epocale che fu Tangentopoli. Ma i leader non ebbero coraggio e io decisi di lasciare la politica». Gianni Cervetti, ex Pci migliorista, ha rievocato «il decisionista pieno di dubbi» che trattò da pari a pari con il Vaticano quando fu riscritto il Concordato.
Cè serenità nelle pagine di Pillitteri, come ha riconosciuto Confalonieri («e nessuno più di te avrebbe il diritto di ricordare con rabbia»). Raccontano la milanesità di Craxi, il suo pragmatismo privo di fronzoli, la capacità di cogliere le novità senza farsi trascinare dal mainstream, la forza di perseguire un progetto politico senza precedenti, «larte di capire la gente e farla convivere, che poi è lessenza della politica e il motivo del suo primato» (ancora Confalonieri).
E anche «la tenacia e la combattività - ha detto Ferrara - che impedirono a Craxi di accettare un destino che avrebbe messo fine alla sua libertà».
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