Linea dura di Sarkozy contro gli immigrati «Caccerò chi delinque»

Qualche anno fa certe cose le diceva solo Jean-Marie Le Pen e veniva tacciato di razzismo; oggi le proclama Nicolas Sarkozy, nella veste più alta, quella di presidente della Repubblica e verosimilmente guadagna consensi. La Francia, evidentemente è cambiata. Era tollerante, garantista egualitaria: ora è arrabbiata, incattivita, sospettosa. O forse è semplicemente saltato il tappo del politicamente corretto.
Dopo aver annunciato severe misure contro i rom - come la chiusura di metà dei campi e l’espulsione di gitani bulgari e romeni, benché membri della Ue - ieri Sarkozy se l’è presa con «i criminali di origine straniera».
Si è recato in una delle città che simboleggia il malessere della Francia, Grenoble, dove la settimana scorsa è riesplosa la rivolta delle periferie. Un presidente in versione flic, ovvero poliziotto, quale veniva considerato quando era ministro degli Interni. Più decisionista che rassembleur. Un Rudolph Giuliani in versione radicale, che ha lanciato la sua bomba, mediaticamente potentissima: «La nazionalità deve poter essere ritirata a tutte le persone di origine straniera che volontariamente attentano alla vita di un rappresentante delle forze dell’ordine». Secondo Sarkò «la cittadinanza francese va meritata e bisogna mostrarsene degni. Chi spara su un agente non lo è».
Frasi che a qualcuno sono suonate non proprio originali. E infatti apparivano in un programma elettorale del 2007; solo che non era quello dell’Ump, il partito unitario di centrodestra di ispirazione gollista, bensì del Fronte nazionale di Le Pen, dal quale Monsieur le président ha preso in prestito un’altra idea risalente, addirittura, a dieci anni fa. «Mi auguro che l’acquisizione della nazionalità per un minore che delinque non sia più automatica», ha affermato, aprendo al contempo un terzo fronte contro i clandestini che «hanno troppi diritti» e «devono essere rimandati alle frontiere». Pretende che «si valutino le prestazioni a cui hanno accesso. Una situazione irregolare non può garantire più servizi di chi vive nella legalità».
Sembrano frasi di Bossi, di Maroni e di diversi esponenti del Pdl. Un tempo, peraltro, anche di Fini. Ma quando il governo italiano di centrodestra ha tentato di prendere provvedimenti contro i rom, i clandestini e gli stranieri che delinquono, dall’Unione europea si è alzato un coro di veementi proteste, a cui, talvolta, si è associato lo stesso Sarkozy; il quale, evidentemente, nel frattempo ha cambiato idea. Per necessità più che per convinzione.
La svolta a destra è dettata principalmente da desiderio di recuperare una popolarità che è precipitata ai minimi storici. Carlà non gli ha portato fortuna: da quando sta con lei, gli va tutto storto. Il presidente sedotto dagli intellettuali della rive gauche, che difende il terrorista Battisti e strizza l’occhio ai progressisti, pur dimostrandosi molto sensibile alle lusinghe di finanzieri e industriali, ha finito per perdere il contatto con il Paese reale, con quella Francia che tre anni fa aveva creduto in lui. E per risollevarsi è costretto a una virata repentina.
Essere più vicino alla gente significa capire i suoi problemi, che sono molteplici e complessi, ma, sovente, correlati alla sicurezza. La rivolta delle periferie risale al 2005, ma da allora poco è cambiato. Dove arrivano i campi di rom aumentano gli scippi per strada, i furti nelle auto e nelle case. Gli irregolari beneficiano di uno stato sociale che talvolta viene negato agli stessi francesi. Questi sono problemi reali, innegabili, che la recessione dell’anno scorso ha acuito. Negarli, come tende a fare la sinistra, non serve a nulla. Anzi, è controproducente.


A Sarkozy si può rimproverare di averli sottovalutati e non gli si può certo perdonare di usare frasi che rischiano di sfociare nella xenofobia. Non è, insomma, immune da colpe. Ma la lezione è chiara: meglio prevenire. Con equità e il dovuto rispetto, non solo dei diritti altrui. Magari, ogni tanto, anche dei cittadini.
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