L’inglese Webb ha appena fischiato la fine del match, Marcello Lippi fugge subito nello spogliatoio. Sul campo le lacrime di Cannavaro, Quagliarella e Di Natale, ma anche l’incredulità per un’eliminazione bruciante. «Ho dato il massimo, ma non è bastato, è la fine di un sogno, il mio gol servirà solo per le statistiche», così l’attaccante del Napoli, il migliore nel pessimo pomeriggio degli azzurri. «Ora ci faranno cavalieri della vergogna, abbiamo toccato il fondo contro squadre sicuramente meno forti di noi, più brutta di così non si poteva immaginare», il commento di Gattuso che fa calare il sipario sulla maglia azzurra dopo dieci anni e mezzo. «Una figura vergognosa, forse c’era qualcosa che non andava fin dall’inizio, magari non c’era un gruppo forte come nel 2006, si è chiuso un ciclo», così Pirlo, che aveva recuperato a tempo di record sperando che l’Italia facesse più strada in Sudafrica. «Non pensavo di uscire al primo turno, prima della partita ero tranquillissimo - ammette con franchezza De Rossi, che ha chiuso il torneo in calo e con un errore che ha spianato la strada agli slovacchi -. Come è stato possibile? Sarebbe stato più facile spiegare se fossimo usciti con Brasile o Spagna, adesso ci sarebbe voglia di avere un’altra partita a disposizione per riscattarci».
E Lippi? Il nostro ct non aveva immaginato così il suo addio. Amarissimo come le sue parole, un vero e proprio mea culpa sulla spedizione fallimentare: «Mi prendo tutte le responsabilità, nessuna esclusa. Se in un partita così importante la squadra si presenta con il terrore nelle gambe, nella testa e nel cuore e non riesce a esprimersi per come era necessario, significa che l’allenatore non l’ha preparata bene sul piano tecnico, tattico e psicologico». L’uomo della notte di Berlino esce dalla scena azzurra consapevole di aver sbagliato. Che l’organico non avesse qualità, era chiaro a tutti, ma Lippi non è stato capace di trovare una sintesi al suo lavoro, non ha dato un modulo fisso né una gerarchia alla squadra. «Mi dispiace da morire chiudere così 4 anni fantastici, per me, per i tifosi, per la federazione e per tutti - così il ct -. Ero convintissimo di questi ragazzi, non l’ho preparata come avrei dovuto. Non dico che pensavo di vincere il Mondiale, ma pensavo a qualche cosa di diverso. Prima della partita avevo detto ai ragazzi "finalmente è arrivato il Mondiale, stasera è dentro o fuori". Evidentemente ho sbagliato a creare questi presupposti psicologici, perché la squadra non è partita, non ha giocato, non ha costruito, insomma non ha fatto nulla. Le qualificazioni al Mondiale sono state nella normalità per una squadra come la nostra, la manifestazione in Sudafrica è andata molto male».
È tempo di processi («ci sono abituato e io mi sono già autocondannato») ma si arrabbia quando qualcuno gli chiede se i giocatori non avessero seguito un ct in scadenza. «Possiamo dire loro tutto, ma non offenderli con insinuazioni di questo tipo, non se lo meritano». Certo, le assenze di Buffon e Pirlo, seguite alla precaria condizione fisica di alcuni elementi chiave (vedi Camoranesi, impiegato con il contagocce), sono pesate. «Sarebbero serviti moltissimo, ma non cerco scuse, niente vittimismo. È sempre il capo che deve prendersi la responsabilità. Credo di aver avuto una parte importante quando abbiamo fatto certi risultati, ora ho una parte importante nel fallimento». Per molti, è l’attuale livello del calcio italiano il vero responsabile della breve avventura mondiale. «Non è un momento brillante, ma il calcio italiano non è quello espresso oggi per un’ora e un quarto dalla nostra nazionale».
«Il calcio italiano è questo, se in tre partite non ne vinci una ma soprattutto ne perdi una quando le avversarie sono Slovacchia e Nuova Zelanda, è giusto tornare a casa», sottolinea Buffon, la cui esperienza sudafricana è durata 45 minuti prima di arrendersi a un’ernia del disco. «La situazione del nostro calcio non è ottimale - prosegue -. Se due anni fa si diceva che c’erano giocatori bolliti, vuol dire che in giro di meglio non c’era e anche oggi ne abbiamo avuto conferma. Significa che le alternative sono ridotte. Lippi lo conosco bene, sapeva che questa sarebbe stata la sua ultima esperienza in azzurro, aveva anche più voglia del solito. la differenza rispetto al 2006 è che non ci sono tanti giocatori come Totti e Del Piero. Ora toccherà a Prandelli, persona pragmatica, che sa lavorare con i giovani».
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