da Milano
Il primo a saperlo è Carlo Ancelotti. «La mia conferma al Milan dipenderà dai risultati» la didascalica spiegazione fornita a cronisti e collaboratori nei giorni della polemica trasversale con Donadoni ct della Nazionale. In tempi non sospetti e dunque ancor più significativa. I risultati, a questo punto, han preso una piega inquietante. Perché il quarto posto è tuttaltro che garantito e sabato notte cè a San Siro un inedito ballottaggio contro lEmpoli e perché la qualificazione in semifinale di Champions league, considerato risultato minimo sul fronte continentale, è diventata ormai un miraggio. Carlo Ancelotti è «uno di famiglia», definizione di Silvio Berlusconi, è legato da contratto fino allestate del 2008, per un altro anno ancora quindi, ma leventuale separazione anticipata avverrebbe in modo indolore, consensuale quasi. Senza strappi né veleni, garantito. Per la sua sostituzione, lunico nome in circolazione con qualche credito, è quello di Marcello Lippi, lex ct campione del mondo a Berlino, libero dal punto di vista contrattuale, e perciò in grado di potersi trasferire a Milanello da giugno prossimo. Sul suo conto si sono espressi in modo positivo i milanisti reduci da Duisburg (Gattuso e compagnia).
Le controindicazioni sono di due tipi: 1) non appartiene alla tradizione milanista, sbandierata nel passato come requisito indispensabile per guidare larmata berlusconiana; 2) è molto geloso della propria autonomia così da respingere ogni invito, pubblico o privato, ad adottare formule tattiche (due punte più il tre-quartista, quattro difensori in linea) care alla società. Sul resto, su tutto il resto, Lippi è pronto a mediare. E cioè a riconoscere al club il compito istituzionale delle scelte di calcio-mercato (Ronaldinho), a lavorare insieme con esponenti del milanismo (i preparatori di Milanlab, Tassotti e Costacurta nello staff tecnico), senza tradire il progetto del rilancio che è avvitato su Kakà, naturalmente.
Lippi unica scelta Costacurta con lui Kakà prima pietra
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