La lista non s’ha da fare: Ferrante alla corte di Fo

Il politologo Amadori: «Il risultato di queste elezioni non lo aiuta»

Gianandrea Zagato

Bruno Ferrante corteggia Dario Fo. L’aspirante sindaco del centrosinistra teme infatti che la lista messa in piedi dal Nobel possa sottrargli quel consenso indispensabile per dare l’assalto a Palazzo Marino. Anche l’ex prefetto sa che «per vincere c’è bisogno di Fo, anzi è determinante perché ha la capacità di attrazione di una persona che è trasversale» come sostiene Basilio Rizzo. Meglio dunque dimenticare il passato, le dure critiche firmate dal marito di Franca Rame contro l’ex inquilino della prefettura e il suo entourage, e tentare dunque di convincere il sommo giullare a fare un passo indietro.
Strada però in salita: Rifondazione comunista si è già beccata un «no, grazie» all’offerta di un posto da capolista per il Nobel, «abbiamo già detto no a questa proposta» fa sapere Rizzo. Risposta che preoccupa doppiamente l’ex prefetto. Le elezioni del sindaco hanno infatti regole diverse rispetto a quelle politiche - si vota la persona, c’è il voto disgiunto - e c’è, quindi, il rischio di non centrare l’obiettivo nella Milano che, dati elettorali alla mano, non è stata certo per il centrosinistra la prova generale per la conquista del Comune: sotto in nove zone su nove, anche in periferia.
«A Ferrante serve un colpo d’ala» suggerisce Paolo Cagna Ninchi, coordinatore elettorale di Fo. Invito a osare, «a marcare meglio e con nettezza la differenza profonda dal centrodestra e dal suo candidato sindaco, Letizia Moratti» come Fo ripete spesso ai suoi supporter. Quelli stessi che, tra l’altro, stanno lavorando alla lista Fo pure nelle nove circoscrizioni meneghine ovvero altre nove liste civiche, sorta di opa sul centrosinistra che Rifondazione guarda con preoccupazione.
«Il dato dirompente delle politiche è che Prc prende l’8 per cento ovvero scavalca la Margherita» nota Augusto Rocchi: aumento alla Camera e al Senato che per il segretario di Rifondazione si traduce «in peso e in ruolo da valorizzare nel programma e nei futuri assetti» sia nazionali che milanesi. Come dire: la lista Fo per il Comune e le sue nove appendici - raggruppamenti molti aperti a sinistra - rendono quantomeno difficile mantenere questa performance. Ma, attenzione, avverte Rocchi «non può essere solo Ferrante a giocare questa campagna da battitore libero» ovvero «deve considerare il pluralismo della coalizione». Virgolettato che la dice lunga sulle richieste che Rifondazione impone a Ferrante, sia in termini di programma che di poltrone e con l’aggiunta, per l’aspirante sindaco, di dover pure pagare un prezzo anche al competitor Fo.
Quadro che Alessandro Amadori così sintetizza: «La strada è in salita. Il risultato di queste elezioni non aiuta Ferrante.

Può rimontare se abbandona la figura di prefetto in aspettativa e se davvero dà l’impressione di giocarsi tutto in politica, se davvero diventa il candidato sindaco». E detto da un politologo sostenitore, be’ non resta a Ferrante che arrendersi all’evidenza e tentare di chiudere Fo nel suo salottino.

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