Chi si è mangiato il futuro? Padri e madri di solito ci tengono al destino dei propri figli, in Italia più che altrove. Li viziano, li tutelano, li perdonano, li campano, li raccomandano. Di questi tempi li vedi parecchio preoccupati, perché guardano in faccia quello che sta accadendo. Sanno che non c’èlavoro.Sanno che sono più poveri dei loro padri e più disillusi dei loro nonni. Si sbattono e mordono e graffiano per far sì che il loro ragazzi stiano tra i salvati e non nella massa dei sommersi. In fondo è normale. Quale genitore vuole la devastazione dei propri figli? Eppure proprio l’Italia è la terra che non ha avuto pietà per i propri figli. Il paradosso di un’Italia con la fama di«mammoni» e «bamboccioni», dove il «tengo famiglia»è un motto nazionale.
Tutto questo non è successo solo per egoismo, ma per cecità. Perché è stato normale spolpare il nostro welfare fino a consumare il «capitale sociale» di tre generazioni. Non è stato neppure difficile. «Onorevole, ho il figlio disoccupato non è che possiamo trovarci un bel posticino pubblico?». Andava bene tutto. Ministeri, province, regioni, bidelli, Anas, guardiaparchi (il caso Calabria docet), vigili urbani, tutto quello che il pubblico riusciva a digerire. Non è che tutti i dipendenti pubblici erano scorie del «tengo famiglia ». Il guaio è stato riempire tutti i posti disponibili fino a debordare, con uno Stato elefante, malato di burocrazia e questa burocrazia per trovare un senso ha generato altra burocrazia. S’inventavano posti per pagare stipendi. Il pubblico impiego come ammortizzatore sociale. Ecco, l’ammortizzatore si è rotto. E per amore dei nostri figli gli abbiamo rubato il futuro. Cosa ci hanno guadagnato i politici, la presunta classe dirigente? Voti. E i voti, se fatti fruttare, significano oro.
Non solo questo, purtroppo. Il welfare serve a sostenere i più deboli. È il paracadute che garantisce sostentamento e dignità a tutti. In Italia, fatevi un esame di coscienza, non è stato solo questo. È stato un modo per fare soldi. Bastava conoscere un pesce piccolo della politica per avere contributi pubblici per qualsiasi attività immaginaria, una pensione, un assegno di «accompagno» per la nonna che viveva benissimo da sola, a cui i figli «rubavano» i soldi per farsi una vacanza esotica, un’esenzione dal ticket, un incentivo all’impresa. Un welfare disegnato per i furbi che se ne è sempre fregato dei deboli. Perché poi se uno stava, e sta, male veramente non è detto che abbia il famoso paracadute sulla schiena. Le pensioni baby nel pubblico impiego sono il triplo dei contributi versati, nove miliardi e mezzo l’anno su 240 miliardi di spesa pensionistica totale. Il risultato è che in 60 anni gli interessi sul debito sono passati dal 3,8% della spesa pubblica nel ’51,al 10,7nel 1980 e quest’anno torneranno sopra il 10%. Dove abbiamo risparmiato? Nella difesa,nell’ordine pubblico e nell’istruzione. La spesa sanitaria è aumentata di poco, dal 29,7 al 33,8 per cento. Il welfare italiano ha largheggiatoin lavoro e privilegi e ha reso più deboli le funzioni primarie dello Stato: sicurezza, istruzione e sanità. Tutto questo dissanguando con le tasse salari e ogni spirito di impresa. Ecco come stanno i vostri figli: più poveri, senza paracadute, senza lavoro, senza impresa. Precari e con un orizzonte cinico davanti.
Uno dice: abbiamo sbagliato. Non ce ne siamo resi conto. E invece no. Il delitto è che tutti lo sapevano benissimo. Lo sapeva la classe dirigente, che da decenni parla della necessità e dell’urgenza di fare le riforme. È dalla prima metà degli anni ’80 che si parla di riforma previdenziale. Il mercato del lavoro e il welfare fanno acqua da almeno vent’anni.Lo sapevamo tutti. Ma abbiamo preferito non vedere. Lo sapeva la cultura assistenziale democristiana e comunista, lo sapevano in Sicilia e in Emilia Romagna, in Molise e in Toscana. Lo sapevano che stavano mangiando il futuro dei propri figli. Qualcuno faceva finta di non vedere per ottusità ideologica, altri perché per i votivenderesti tua madre, figurati degli ipotetici nipoti. Lo sapevano quelli che stanno in Parlamento da almeno un quarto di secolo e adesso fanno i moralisti e sbandierano il partito delle tasse. Come mai questa gente non ha il buon gusto e il coraggio di ammettere: ho fallito? Sono i capibanda della generazione di Crono.
Adesso il professor Monti ha dichiarato guerra agli evasori. L’altra faccia del delitto. Molti di loro sono anche finti poveri, i furbetti dell’Isee, il meccanismo che consente di lucrare sui benefici pubblici. E guerra sia. Ma guerra anche ai ladri di welfare. Fanno meno rumore, ma sono altrettanto numerosi.
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