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Cosa vedere a Napoli in 3 giorni

Un primo approccio turistico alla città di Napoli: arte, cultura, bellezza e naturalmente bontà gastronomiche. Dal Maschio Angioino alle sfogliatelle

Cosa vedere a Napoli in 3 giorni

Per visitare una metropoli ricca di arte, tradizione e cultura come Napoli ci vogliono molto più di 3 giorni. Tuttavia, come primo approccio alla moderna Partenope, un lungo weekend può essere più che sufficiente al fine di ammirare e assaggiare un po’ della città, ma al tempo stesso darle un nuovo appuntamento, il prima possibile, per approfondire la conoscenza.

I punti di partenza di questo mini-viaggio possono essere tanti. Come le piazze, per esempio piazza Plebiscito, piazza del Gesù, piazza Dante e le altre, tutte ben collegate dall’efficiente metropolitana, le cui stazioni sono tra l’altro adornate in molti casi dalle opere di artisti e designer.

Museo di Capodimonte

Museo di Capodimonte

È probabilmente la parte più impegnativa di questo viaggio, potrebbe volerci un’intera mattinata. Il Museo di Capodimonte si sviluppa su tre piani e contiene diverse collezioni, ospita dipinti famosi e suppellettili che raccontano la storia dell’uomo. C’è la collezione Farnese, che raccoglie opere di Tiziano, Michelangelo, Raffaello, i fratelli Carracci, Andrea Del Sarto, Correggio, Bruegel il vecchio, e ancora Masaccio e Perugino. C’è poi una collezione inerente agli artisti che si sono avvicendati a Napoli tra il ‘200 e il ‘700 e che comprende una preziosa tela di Caravaggio, oltre ad alcune altre di scuola caravaggesca e molto altro. Senza dimenticare l’armeria e gli ambienti fatti di mobili antichi, che ricostruiscono la vita dell’aristocrazia culturale partenopea.

L’ultimo piano è interamente dedicato alla pop art e si è introdotti da uno splendido Vesuvius realizzato da Andy Warhol. Tuttavia sono anche presenti altre opere d’arte contemporanea di numerosi autori, da Alberto Burri a Louise Bourgeois. Consigliate, naturalmente, le scarpe più comode di cui si è in possesso.

Castel Sant’Elmo

Panorama da Castel Sant'Elmo

Uno dei panorami più belli che si possono ammirare a Napoli? Naturalmente quello dalle terrazze di Castel Sant’Elmo, posto sulla collina del Vomero. Si tratta di una fortezza medievale, il cui primo proprietario conosciuto fu Roberto d’Angiò, anche se l’aspetto complessivo con cui si presenta è d’epoca cinquecentesca, per via dei lavori effettuati dall’architetto Luigi Scrivà. Il dettaglio particolare consiste nel fatto che il castello non ha torrioni, mentre è presente un fossato, che possedeva in antichità un sistema per l’utilizzo dell’acqua. All’interno vi sono ospitate occasionalmente delle kermesse (come il Comicon) ma c’è anche un museo che ospita permanentemente opere di artisti napoletani realizzate tra il 1910 e il 1980.

Il Maschio Angioino

Maschio Angioino

Dotato di torri suggestive e merlate è invece il Maschio Angioino, forse l’edificio più noto della città di Napoli. La sua prima struttura è databile XIII secolo con Carlo I d’Angiò: il castello diventò quindi la “casa” dei re di Napoli e teatro di alcune tra le più grandi vicissitudini della storia medievale e moderna. Qui infatti è il luogo in cui Celestino V rinunciò al papato, diventando, per usare le parole di Dante Alighieri nel III canto dell’Inferno, “colui che fece per viltade il gran rifiuto”.

Posillipo

Posillipo

Uno dei quartieri partenopei più interessanti è sicuramente Posillipo, che è dotato di meravigliosi belvedere sul mare, palazzi ordinati, signorili e caratteristici, oltre che ristoranti di pesce spesso raccolto nella vicina Pozzuoli, principale bacino ittico, anche se non unico, per l’intera area metropolitana. Un selfie nei pressi dello storico pino marittimo di Posillipo è un must.

Il Cristo velato

Cristo velato

Gli amanti della scultura non possono non ammirare il Cristo Velato, realizzato nel 1753 dall’artista partenopeo Giuseppe Sammartino e che si trova nella cappella del museo Sansevero. Sammartino si discostò dall’opera di Antonio Corradini, cui l’opera fu commissionata per primo, ma che scomparve poco dopo averne completato solo un bozzetto.

Il Cristo Velato è un’opera tardo-barocca dove il sudario in cui Gesù è avvolto, oltre che avvalersi di impressionanti "trasparenze" che sono solo un effetto ottico, diventa il manifesto della pietà. Secondo la leggenda, Raimondo di Sangro, ovvero il committente della statua, avrebbe marmorizzato il velo grazie alle proprie doti alchemiche. In barba alle teorie dei complotti, quella che si può vedere è invece solo una statua di marmo, meravigliosa e opera dell’uomo, non della magia.

San Biagio dei Librai (con la teca di Maradona)

La teca di Maradona

Quello di San Biagio dei Librai, che si apre con una porta da piazza Dante è un quartiere che gli amanti della lettura adoreranno. Qui, tra botteghe antiquarie e bancarelle, si possono trovare volumi antichi o semplicemente fuori catalogo, pubblicazioni rare, preziose e importanti. Ci si può perdere, emotivamente parlando, in tutta questa cultura.

Tra le stradine di questo quartiere, intrise dei profumi della cucina partenopea doc, c’è anche un punto di interesse da visitare assolutamente, un luogo in cui sacro e profano si mescolano indissolubilmente: la teca di Diego Armando Maradona. Il calciatore scomparso ha un posto nel cuore dei napoletani e anche in vari punti della città, ma a San Biagio dei Librai ha perfino una teca votiva, quasi fosse un santo da venerare, con i suoi capelli fluenti, le acrobazie veloci e quell’arte del pallone che nessuno può dimenticare.

La tomba di Virgilio (e di Leopardi)

Parco Vergiliano

Come chiunque abbia studiato latino sa, l'epitaffio voluto da Virgilio recita: "Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Parthenope, cecini pascua, rura, duces". Significa: "Mantova mi diede i natali, sono morto in Salento, sono seppellito a Napoli, ho cantato i pascoli, la vita agreste e i condottieri".

Nel quartiere Piedigrotta si trova il parco Vergiliano, in cui si trova la tomba di Virgilio, o meglio un suo cenotafio che appunto riporta l'iscrizione citata. Qui è seppellito anche un altro sommo poeta, cioè Giacomo Leopardi. Il luogo era di proprietà aristocratica fino all’Unità d’Italia, per poi diventare statale. Oggi è monumento nazionale: è un posto affascinante e magico, e raccoglie ogni anno decine di migliaia di visitatori.

Le pizzerie

Pizza napoletana

Diverse tra le pizzerie che si possono incontrare tra le strade di Napoli rivendicano il titolo di luogo in cui la pizza è stata inventata. Si può dire con certezza che la pizza sia nata effettivamente all’ombra del Vesuvio fin dal XVI secolo, anche se testimonianze di ricette simili in zona risalgono addirittura al Neolitico.

Nelle pizzerie, va da sé, il piatto forte è la pizza, declinata in diversi gusti, lasciata lievitare decine di ore affinché sia soffice al punto giusto, condita con mozzarella di bufala rigorosamente campana, ma ci sono anche altre specialità che si possono assaggiare, sia nei locali sia per strada.

Oltre alla pizza a portafoglio, lo street food partenopeo per eccellenza, c’è il “cuopp’”. Si tratta di un cartoccio in cui sono presenti diversi pezzi di rosticceria fritti, dalle crocchette di patate ai supplì, fino alle mozzarelline panate, la frittata di maccheroni, le zeppolelle alle alghe, le polpette e la polenta fritta. Esistono tuttavia anche “cuopp’” al sapore di mare, con calamari, gamberi e frittura di paranza.

Le sfogliatelle (ricce e frolle)

Sfogliatelle ricce

Molti conoscono e riconoscono quali dolci napoletani i babà e le pastiere, ma un altro dessert tipico è la sfogliatella. Ne esistono due principali varianti: la riccia che viene preparata con la pasta sfoglia e la frolla che viene fatta appunto con la pasta frolla. Solitamente il ripieno tradizionale di questi pezzi di pasticceria è la ricotta, ma negli ultimi decenni si stanno facendo strada delle varianti, con crema pasticciera, Chantilly o anche crema di nocciole o pistacchio. Con un ripieno di crema di nocciole e delle dimensioni considerevoli è una “figlia” della sfoglia riccia: la poderosa coda d’aragosta.

La foto del Museo di Capodimonte è di Mentnafunangann via Wikipedia

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