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Galatina, dal pasticciotto alle "tarantate" guarite dai santi

La storia di Galatina, al centro del Salento, è legata al tarantismo, alla cultura e ad alcuni dolci tipici, la cui origine si fonda su antiche leggende

Galatina, dal pasticciotto alle "tarantate" guarite dai santi

La città di Galatina, posta al centro della provincia di Lecce, è un luogo d’arte, cultura popolare ed enogastronomia. Si tratta di un posto letteralmente magico: i santi patroni sono Pietro e Paolo, che si festeggiano il 29 giugno. San Paolo, in particolare, non è solo uno dei protettori della città ma anche colui che si riteneva potesse salvare le “tarantate”, donne in preda al delirio e a forti spasmi a causa del morso di un ragno.

Galatina tra devozione e arte

La città ospita numerose e suggestive chiese, per lo più romaniche e barocche. Si va dalla trecentesca basilica di Santa Caterina di Alessandria, la cui costruzione è legata al nome degli Orsini del Balzo e naturalmente con la mitica principessa Maria d’Enghien, che negli ultimi decenni sta vivendo una grande attenzione storiografica e letteraria. Fu lei a volere per la basilica le pitture murali e sulle volte, legate a maestranze giottesche, come in effetti è facile evincere solo osservandone lo stile.

Tra gli altri edifici religiosi, i più notevoli sono la chiesa dei Santi Pietro e Paolo, la chiesa delle Anime Sante del Purgatorio e la chiesa del Carmine. Questi luoghi, oltre che essere interessanti dal punto di vista artistico, sono il simbolo di una devozione secolare, in cui l’agiografia si mescola alla vita quotidiana.

Le donne guarite dai santi Pietro e Paolo

Segno tangibile di questa mescolanza è la cappella di San Paolo, situata all’interno di palazzo Tondi. Qui, dal Medioevo fino al Secolo Breve, venivano condotte le donne che erano state morse dalla “taranta”, un ragno il cui veleno dava effetti simili a una frenesia, ma anche dolori intensi. Queste donne giungevano da tutta la provincia di Lecce, e pure da luoghi più lontani, su grandi carri trainati da cavalli, completamente vestite di bianco.

Una volta nella cappella di San Paolo, le “tarantate” (in italiano “tarantolate”) venivano abbeverate con l’acqua di un pozzo legato alla chiesetta, dopo di che erano sottoposte alla cura: attraverso la musica di tamburi a cornice e ritmi frenetici (e non è raro, ancora oggi, che i tamburellisti finiscano per avere le mani sanguinanti), si eseguiva una sorta di esorcismo, che sarebbe servito a liberare le donne dal morso del ragno.

Sono molte le ipotesi che si possono avanzare su questo fenomeno. L’antropologo Ernesto De Martino notò che era legato al genere femminile e una particolare età della vita, ossia il menarca e la pubertà: la liberazione dal veleno della “taranta” era quindi un rito di passaggio delle donne verso l’età adulta, un rito in un certo senso di liberazione sessuale, tanto che, non a caso, molti brani tipici della pizzica salentina parlano di rapporti sessuali (talvolta anche non consensuali, quindi stupri), zone erogene, seduzione e voti di astinenza, come d’altra parte accade un po’ in tutta la musica folkloristica regionale italiana.

Dalla pizzica “trance” alla Taranta

Tamburo a cornice

Dai brani musicali che venivano eseguiti, spesso estemporaneamente a partire da canovacci di note e ritmi, per liberare le “tarantate”, è nata la "pizzica trance”, ossia un filone musicale all’interno della pizzica, che prende spunto dal ruolo salvifico e catartico che la musica possiede.

Ma le influenze della pizzica sono diverse e la musica folk salentina è partita da un agglomerato di diversi sottogeneri che sono confluiti in essa: le serenate, gli stornelli, la cosiddetta “pizzica de core” in cui avviene il corteggiamento tra ballerina e ballerino, i lamenti funebri e molto altro.

Con il passare del tempo, la pizzica è diventata world music, attraverso la contaminazione con altra musica folk, per lo più dal Mediterraneo (d’altra parte, ad esempio, “Kalinifta”, canto popolare della Grecìa salentina, ha delle forti connessioni con il sirtaki), ma non solo. Con la nascita della Notte della Taranta, festival sorto in seno a Melpignano, cuore della Grecìa salentina, questo legame della pizzica con la world music si è istituzionalizzata e il festival, che dura alcune settimane in agosto ogni anno, fa naturalmente tappa a Galatina, che sebbene non faccia parte della Grecìa rappresenta un punto fondamentale per le tradizioni popolari salentine. Soprattutto quelle legate appunto al tarantismo.

Il pasticciotto

Pasticciotti

Alla città di Galatina sono inoltre legati dei prodotti tipici, in particolare prodotti di pasticceria, come gli africani, che sono realizzati a partire da una specie di zabaione cotto. Ma il cibo galatinese più celebre tra tutti è forse il pasticciotto, versione monoporzione di un dolce diffuso in tutto il sud Italia già dal '500, a base di pasta frolla e crema pasticciera.

Non si sa se sia leggenda o realtà: il pasticciere Nicola Ascalone, a metà del ‘700, realizzò per caso il pasticciotto con avanzi di crema e pasta frolla: secondo la leggenda, lo fece in una sera ben precisa, quella del 29 giugno, il giorno delle “tarantate”.

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