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Promontorio di Agropoli: la leggenda della Regina Verde

Agropoli è una città piena di fascino che sorge tra colline e mare: qui si consumò la vita e l'amore di Ermegalda, la sua è la leggenda della Regina Verde

Promontorio di Agropoli: la leggenda della Regina Verde

Agropoli è una città affascinante, che si abbarbica su un promontorio: il suo territorio, in provincia di Salerno, è un connubio tra mare e collina ricco di tradizioni, suggestioni, bellezze urbanistiche e artistiche.

Al territorio di Agropoli è legata una storia fatta di avvicendamenti di popoli diversi, che hanno contribuito a creare un coacervo culturale, giunto a oggi grazie appunto alla tutela delle architetture più antiche, dal castello angioino-aragonese alle torri di guardia, fino alla fornace creata come testimonianza della Rivoluzione Industriale.

Ma oltre a ciò che è tangibile, documentato e reale, c’è anche altro ad Agropoli, come una leggenda - riportata in maniera in parte erronea - che parla di un amore platonico tra due giovani di diverso rango, una tragedia e una divinità naturale.

Agropoli: la leggenda Regina Verde

Agropoli

La protagonista di questa insolita leggenda si chiama Ermegalda. Sono in molti a riportare che fosse una principessa saracena giunta ad Agropoli con il padre, che fu incoronato re della città. Ermegalda aveva una particolarità: la pelle color verde che risplendeva al sole. Per la sua bellezza e il suo status era corteggiatissima, tuttavia la giovane respingeva tutti i pretendenti e ciò la rendeva molto triste.

Fino a quando, durante una passeggiata sul litorale, scorse un pescatore che ritirava le reti e ne restò folgorata: anche lui la guardò e i due si innamorarono. Ma il loro amore fu fatto solo di sguardi per poco tempo: una principessa e un pescatore non avrebbero infatti mai potuto sposarsi.

Tuttavia un giorno il pescatore non fu nel luogo in cui tornava sempre dalla pesca, perché morto durante una tempesta in mare: Ermegalda lo aspettò in lacrime per tre giorni e tre notti, poi si suicidò gettandosi da una rupe che - ancora oggi - ricorda il profilo di una leggiadra fanciulla. Una volta in fondo al mare, il Dio delle acque decise però di riportarla alla vita trasformandola in una ninfa marina. E i pescatori raccontano ancora che, di notte, dalle grotte sul litorale proviene il suono del pianto strozzato di una ragazza.

La tradizione errata di Ermegalda e il topos

Le leggende si sa, sono leggende. E anche il grido strozzato della ragazza nelle grotte è probabilmente legato al vento oppure all’effetto Venturi, che potrebbe innescarsi tra aria e acqua nelle varie strettoie della grotta. Ma non è questo il solo elemento che non torna nella leggenda di Ermegalda.

Naturalmente Ermegalda non può essere un nome saraceno, ma di origine germanica: si tratta infatti di una variante grafico-fonetica di Ermengarda, come il personaggio femminile contenuto nell’“Adelchi” di Alessandro Manzoni.

Con tutta probabilità, la leggenda di Ermegalda non è quindi saracena ma longobarda, dato che proprio i Longobardi ebbero ad Agropoli un ducato a partire dal VI secolo. Molto spesso, con l’avvicendarsi dei popoli, i nomi e le tradizioni longobarde in Italia tesero a sparire e vennero attribuiti ad altre culture, per cui è un errore considerare quella di Ermegalda come una leggenda saracena. Tanto più che l’Islam dei saraceni è una religione monoteista e non politeista o legata al culto alla Natura, proprio come quella dei Longobardi: per questo la leggenda contempla tra i personaggi un Dio delle acque.

Ma non finisce qui. La nascita e la diffusione delle leggende segue spesso percorsi tortuosi e non è raro trovare storie simili a quella di Ermegalda in altri luoghi d’Italia o nel mondo. Una di queste è ad esempio la leggenda di Cristalda e Pizzomunno, in Puglia, che racconta di una bellissima fanciulla innamorata e ricambiata da un pescatore: in questo caso, la ragazza viene trascinata nella profondità del mare dalle sirene, mentre il pescatore fu tramutato in uno scoglio.

La città di Agropoli

Agropoli

Il mare e il litorale sono sicuramente due ragioni che rendono Agropoli una città interessante dal punto di vista delle bellezze naturali e della parziale trasformazione umana che esse hanno subito. Ma non sono le sole.

Il nome di Agropoli significa letteralmente “città sulla sommità” e ha origini molto antiche: si sospetta che in passato fosse lì presente un tempio di Poseidone (il Dio delle acque greco, che potrebbe aver influito sulla leggenda di Ermegalda), e si sa per certo che la città fosse un vivace centro marittimo in epoca romana. Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, il territorio fu meta di bizantini e longobardi, poi dei saraceni e in seguito delle popolazioni europee che governarono il Sud Italia avvicendandosi fino all’Unità: normanni, svevi, angioini e aragonesi.

La città medievale è tuttora conservata in maniera ottimale, tra mura e case gentilizie, oltre naturalmente al castello, iniziato sotto i bizantini e i cui ultimi tenutari furono i nobili angioini e aragonesi.

Una delle testimonianze storiche più recenti è invece la Fornace, uno stabilimento proto-industriale realizzata da Vincenzo del Mercato nel 1890.

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