«Il waterboarding è tortura, non ne abbiamo bisogno». Barack Obama toglie di mezzo ogni dubbio, ribadendo la sua netta opposizione a una pratica molto diffusa durante la presidenza Bush, utilizzata dagli inquirenti americani sui sospettati di terrorismo. Il presidente torna sulla questione durante il Forum di cooperazione dellAsia-Pacifico (Apec), riunito a Honolulu, dimenticando però della sua promessa elettorale non mantenuta di chiudere la prigione di Guantanamo, dove i detenuti restano senza processo anni e anni.
Sul tema della tortura Obama è stato stimolato dai cronisti allindomani dellennesimo dibattito tra i candidati repubblicani. Herman Cain, ad esempio, sè detto a favore del waterboarding, definendola una tecnica di interrogatorio potente, efficace. Favorevole alla sua applicazione anche Michelle Bachmann, leroina dei tea party, da settimane in competizione con lex «re della pizza» nero per accaparrarsi il voto degli estremisti anti-tasse: «Con il presidente Obama è come se avessimo deciso di perdere la lotta contro il terrorismo. Questa - ha detto lunica donna in lizza - non è la mia strategia».
Più sfumata la posizione del governatore del Texas, Rick Perry. Malgrado si sia dichiarato contrario alle torture, ha aggiunto di essere favorevole alle tecniche di interrogatorio forti, soprattutto se consentono di ottenere informazioni in grado di salvare la vita dei soldati americani. Un approccio prudente, che tuttavia non farà risorgere il governatore nei sondaggi, tenuto conto che tutta lAmerica lo prende in giro per non essere riuscito a ricordare il terzo ministero che vorrebbe tagliare, una volta eletto alla Casa Bianca.
Contrari al waterboarding solo due dei candidati repubblicani: il libertario Ron Paul e lex ambasciatore in Cina Jon Huntsman.
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