Roma«Lho gettato io». Ha confessato senza lacrime e forse senza pentimenti, inchiodato prima che dalle sue parole da chi lo aveva visto nellalba livida di neve gettare un fagotto nel Tevere quasi ghiacciato. Quellinvolto conteneva il figlio di 16 mesi, che per tutta la giornata di ieri gli equipaggi della polizia fluviale e i sommozzatori hanno cercato poi di recuperare combattendo con le temperature bassissime e con le correnti vigorose. Ricerche frenetiche e disilluse: non cè infatti alcuna speranza - nemmeno la più illogica - che da quelle acque gelide esca qualcosa di vivo. Lunica aspirazione è quella di restituire un corpo da piangere alla mamma. Difficile anche questo.
Patrizio Franceschelli, 26 anni, disoccupato, alcuni precedenti per spaccio di droga, era convinto che lex compagna, sua coetanea, e la di lei famiglia congiurassero per non fargli vedere il piccolo. Ha così deciso con logica disperata che ciò che a lui era impedito dovesse esserlo allora per tutti e per sempre. Con la compagna da venerdì in ospedale per alcuni accertamenti clinici e con il bambino affidato alla nonna materna, luomo attorno alle 6 ha fatto irruzione a casa di questultima, in via degli Orti di Alibert, a Trastevere, e approfittando del torpore notturno ha strappato il piccolo al sonno. Inutili le urla della nonna e della zia, che hanno allarmato alcuni vicini al punto da spingerli a chiamare le forze dellordine. Troppa però la furia di Franceschelli per due donne ancorché disperate. Luomo è scappato via con il bambino congestionato dal freddo e dalla paura e dopo qualche minuto di corsa sui marciapiedi ghiacciati, con alle calcagna le donne che pensavano ancora di inseguire un rapitore e non un assassino, ha buttato il piccolo nel Tevere dal parapetto del vicino ponte Mazzini, di fronte al carcere di Regina Coeli. Un volo di una trentina di metri, una puntata su una roulette con tutti zero, senza alcuna chance neppure per il più capriccioso dei destini. A osservare tutto una guardia penitenziaria, che ha capito che ciò di cui Franceschelli stava liberandosi non era roba vecchia e ha chiamato il 112. La caccia alluomo non è stata né lunga né difficile nella Roma resa spettrale dalla neve. Franceschelli, che pur consapevole di non avere nessuna possibilità di farla franca si era diretto nel vicino rione di Testaccio per dar vita a qualcosa che assomigliasse a una fuga, è stato presto acciuffato dai carabinieri del Nucleo Radiomobile. I militari lo hanno chiamato per nome, lui ha risposto presente, si è fatto raggiungere, ha steso docile le braccia alla morsa delle manette. Qualche ora di silenzio, poi la confessione, come un castello di carta che viene giù con un alito: «Lho gettato io nel Tevere, non me lo facevano vedere». Per lui laccusa è di omicidio volontario aggravato.
La vicenda ha sconvolto la capitale già turbata dalle polemiche sulla gestione dellemergenza maltempo.
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