Cinzia Romani
da Locarno
Giornata politica, ieri al Festival, che ha sfogliato pagine di storia con due film. In mattinata è toccato al docudrama di Alessandro Rossetto, Feltrinelli, animare la scena festivaliera.
Nel cinquantesimo anniversario della Casa editrice, questa coproduzione svizzero-tedesca parte dallinfanzia solitaria di Giangiacomo Feltrinelli, nato nel 1926 in una delle più ricche famiglie europee e morto fulminato su un traliccio di Segrate, nel marzo 1972, mentre cercava di far esplodere candelotti di dinamite. Grazie a una sovrapposizione di interviste (dal regista Regis Debray, passando per magazzinieri, giornalisti ipercritici e alla vedova di Feltrinelli, Inge Schoenthal) e di reperti darchivio, Rossetto esplora lattività editoriale del controverso personaggio, vissuto tra agitazione politica e vortice affaristico. «La lavorazione del film è durata due anni, nel corso dei quali mi son fatto questidea: Feltrinelli fu un tipo singolare, perciò lascio aperti gli interrogativi sulla sua fine», ha spiegato il regista.
Il mestiere editoriale Feltrinelli lo faceva bene, se ebbe il fiuto di pubblicare il sovietico Pasternak (Il dottor Zivago), intanto che Togliatti glielo sconsigliava, per tacere della valorizzazione di Tomasi di Lampedusa e del suo Gattopardo. «Il mio film ha natura televisiva e cinematografica» chiarisce Rossetto, che si aspetta di avere successo in Germania, «dove Feltrinelli è considerato un jet-setter o una rockstar, tipo Mick Jagger. Il lato snob dellintelligenza radical-chic è cristallizzata nella scena in cui Castro spiega a «Giangi» il «Revoluzzer» come preparare la lasagna...
In odore di divismo, anche Carla Del Ponte, «actrice» nel documentario dello svizzero Marcel Schüpbach La liste de Carla, dove per «lista di Carla» sintende la sfilza di criminali di guerra (inizialmente duecento) processati e processandi da questa lady di ferro, alla quale il figlio giornalista ha proibito, ieri, di salire sul palco, in Piazza Grande, per ricevere applausi. Ancora un ritratto, concepito, «per aiutare la giustizia internazionale a lanciare un messaggio», sottolinea il personaggio-chiave del risanamento nei territori dellex-Jugoslavia. Circondata dalle guardie del corpo, tailleur a pois appena sdrammatizzato da gioielli discreti, la Del Ponte rivela: «Dal punto di vista personale, mi son trovata quasi detestabile, nel film. Ma poi, mi son detta: toh, i miracoli accadono!».
Come un thriller, La lista di Carla segue, per la prima volta, il complesso lavoro del procuratore generale (nata a Lugano nel 1947 e a lungo collaboratrice del giudice Falcone), filmandolo dietro le quinte del Tribunale Penale Internazionale, tra lAia, New York, Zagabria e Washington. «Il regista non mi ha mai chiesto di sedermi in un certo modo o di truccarmi», racconta la Del Ponte.
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