Roma - "Nessun patto con i ministeri". Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha spiegato che smentito l'esistenza di patti volti a garantire l'approvazione del lodo Alfano e "tantomeno sul superamento del vaglio di costituzionalità affidato alla Consulta". In serata, poi, il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia ha difeso il capo dello Stato spiegando che "rispettando lui, rispettiamo anche l'Italia". Poi il monito: "Il governo non deve essere delegittimato".
Il Colle: "Mai stipulato patti" In una nota diramata dalla presidenza della Repubblica Napolitano spiega che è del tutto falsa l’affermazione che al Quirinale si siano "stipulati patti" su leggi la cui iniziativa, com’è noto, spetta al Governo, e tantomeno sul superamento del vaglio di costituzionalità affidato alla Consulta. "Una volta rilevata, da parte del presidente della Repubblica, la palese incostituzionalità dell’emendamento 'blocca processi' inserito in Senato nella legge di conversione del decreto 23 maggio 2008 - si legge nella nota - il Consiglio dei ministri ritenne di adottare il disegno di legge Alfano in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato". "Il presidente della Repubblica ne autorizzò la presentazione al Parlamento, e successivamente - dopo l’approvazione da parte delle Camere - promulgò la legge". "Tale promulgazione, comunque motivata - prosegue la nota del Quirinale - non poteva in nessun modo costituire 'garanzia' di giudizio favorevole della Corte in caso di ricorso. Il rispetto dell’indipendenza della Corte Costituzionale e dei suoi giudici - doveroso per tutti - ha rappresentato una costante linea di condotta per qualsiasi presidente della Repubblica". "La collaborazione tra gli uffici della presidenza e dei ministeri competenti - conclude la nota del Quirinale - è parte di una prassi da lungo tempo consolidata di semplice consultazione e leale cooperazione, che lascia intatta la netta distinzione dei ruoli e delle responsabilità".
Marcegaglia: "Rispettare il capo dello Stato" "Rispettiamo Giorgio Napolitano perché rispettando lui rispettiamo l’Italia". Nel corso dell’assemblea degli industriali monzesi a cui partecipa il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, la Marcegaglia ha condannato chi "vuole delegittimare il governo sfruttando la bocciatura del lodo Alfano". Secondo la presidente degli industriali, infatti, "è positiva una forte dialettica tra le istituzioni, ma non travalichiamo la logica del rispetto delegittimandole perché ci facciamo del male tutti, non scassiamole, rispettiamole". Quindi l'invito al presidente del Consiglio: "Vada avanti con più determinazione di prima, rimbalzi le polemiche e non se ne occupi". "Berlusconi - ha, poi, detto la Marcegaglia - porti avanti con forza e determinazione le riforme di cui il Paese ha bisogno. Il governo è una istituzione ed è grave l’atteggiamento di chi strumentalizza il Lodo Alfano cercando di delegittimare il governo che è stato eletto dai cittadini e deve andare avanti".
La spiegazione della Consulta La Corte Costituzionale fa sapere che, nel bocciare il lodo Alfano per violazione del principio di eguaglianza dei cittadini, avrebbe individuato nella propria sentenza n. 451 del 2005 sul "caso Previti" una strada per stabilire un equilibrio tra le esigenze pubbliche da parte delle alte cariche dello Stato e quelle di un corretto svolgimento di un eventuale processo penale a loro carico. Nella sentenza sul "caso Previti", la Corte Costituzionale aveva scritte che, nel caso un imputato sia anche componente di un ramo del parlamento, il giudice ha "l’onere di programmare il calendario delle udienze in modo da evitare coincidenze con i giorni di riunione degli organi parlamentari".
Muovendo dalla sentenza di quattro anni fa - secondo quanto trapelato da ambienti vicini alla Corte, che affronterà l’argomento nel motivare la bocciatura del lodo Alfano - il conflitto tra esigenze processuali ed extraprocessuali nel caso di alte cariche dello Stato potrebbe essere risolto senza violare il principio di uguaglianza: i processi a Berlusconi, ad esempio, andrebbero avanti, ma i giudici avrebbero l’obbligo di fissare, d’intesa con il premier, un calendario delle udienze che tenga conto degli impegni istituzionali del presidente del consiglio, in modo da evitare coincidente e non compromettere il diritto di difesa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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