Look da rifare, è adatto ai salotti ma servono ritocchi per le periferie

Il suggeritore Monguzzi: «Cravatte? Basta Hermès, meglio quelle di Marinella»

Gianandrea Zagato

Per «lucidare» l’immagine del candidato sindaco della sinistra non c’è bisogno di strapagare la pierre di turno. Basta infatti affidarsi a Carlo Monguzzi, l’ambientalista che si traveste da arbiter elegantiarum e dà consigli all’ex prefetto a caccia di voti. Operazione resa più facile da un dettaglio: il guardaroba di Bruno Ferrante non è mai stato quello di Filippo Penati.
L’ex rappresentante dello Stato non ha mai indossato «spezzati da grandi magazzini» che fanno tanto assicuratore Unipol (Penati era titolare di un’agenzia) né ha avuto bisogno come Penati di ricorrere all’amico chirurgo «per rimuovere quell’antiestetico neo sulla fronte» ricordano i cronisti di Repubblica. Già, piuttosto che le case del popolo dell’ex Stalingrado d’Italia, Ferrante, ha sempre frequentato ambienti raffinati, dove vigono regole ben precise e dove adesso tenta di raccattare tutto il raccattabile, anche i voti di Rifondazione. Come dire, riformista sì ma bravo pure a fare i conti. Naturalmente, mostrando cravatte di Marinella che danno un’aria «più disinvolta» di quelle dell’amato Hermès: «Cambiala, Bruno» gli ha suggerito Monguzzi e lui, pronto, ha eseguito. Ma, attenzione, «cambiare modo di vestire sarebbe un gesto di incoerenza, sarebbe strano che la mia immagine mutasse di colpo» confida Ferrante.
E così «alla Milano che vuole cambiare» si presenta indossando sì la grisaglia di sempre, le camicie bianche fatte su misura ma, sorpresa, «impeccabili quanto inusuali polsini slacciati» che «escono dalle maniche della giacca il tanto che basta». Quel che «basta», chiosa Repubblica, per mostrare che al polso c’è un «sofisticato Iwc». «Strappi» al look prefettizio, come le scarpe scamosciate made in Parabiago. Dettagli che non passano inosservati agli attenti osservatori della politica comunale, come la «massiccia Mont Blanc nera» appoggiata sulla mazzetta dei giornali. Bagatelle «frutto di consigli» al nuovo Ferrante, che per parlare a tutti gli ambienti sociali deve rinfrescarsi. E, magari, promettere di non accendere più il toscano. È questione d’immagine, dicono le pierre: si sa che un candidato sindaco deve dare il buon esempio. Già, come fatto da Penati che, smessi i panni del candidato e indossati quelli dell’inquilino di Palazzo Isimbardi, continua a fumare nonostante avesse garantito di smettere sia pubblicamente che privatamente in caso di vittoria.
Promesse di troppo per darsi un look da vincente. Passaggio obbligato per Ferrante che presto s’affiderà a una fotografa per il book elettorale: «Come per Penati anche lui deve mostrarsi vivo, in mezzo alla strada. Niente mezzo busto ma immerso nella città. Immagini vere, ricche di contenuto e soprattutto togliendogli quei panni di prefetto che possono far storcere il naso» dichiara un’image consultant. Svecchiamento del look sotto l’occhio soddisfatto di Monguzzi ma pure dell’economista Marco Vitale che spera di tornare a Palazzo Marino come assessore.


Sperando che Ferrante non abbia cadute di stile, come quando Penati si recò al Leoncavallo col giubbotto casual firmato Bardelli. Capo d’abbigliamento di un negozio considerato fuori target da no global e antagonisti. Ma l’ex prefetto, c’è da credere, non sbaglierà come Penati: lui, quel giorno, indosserà una tutina bianca.

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