“Per capire bene il Cinquecento, conoscere Lotto è importante quanto conoscere Tiziano”. Così scrisse Bernard Berenson, il noto storico dell’arte. Con “Lorenzo Lotto. I dipinti dell’Ermitage alle Gallerie dell’Accademia”, una mostra a cura di Matteo Ceriana, che rimarrà aperta fino al 26 febbraio 2012, si può dire pressochè quasi concluso il tour itinerante di una rassegna che è passata anche per Roma dalle Scuderie del Quiorinale e che ha coinvolto le Marche, la Lombardia e il Veneto.
Di mostre monografiche ce ne sono state anche all’estero su questo importante pittore veneziano rinasciomentale come a Parigi o a Washington, ma ammirare tele e Pale d’altare nelle belle sale dell’Accademia di Venezia, vero luogo deputato di Lotto, luogo di nascita e di crescita (Venezia 1480- 1556)assume subito un sapore diverso. Attraversando una parte delle belle sale visibili per metà, in quanto la Galleria dell’Accademia è in restauro (purtroppo da lungo tempo), oltre ad ammirare Tiepolo, Tintoretto, Piazzetta, Carpaccio… è sorprendente arrivare in tre sale dalle pareti azzurre allestite con estrema semplicità, mettendo in risalto una trentina di opere del Lotto, dalle quali scaturiscono subito la luce dei colori dei suoi quali, quegli azzurri, quei rossi che fanno della sua opera un segno inconfondibile.
Se Lotto, dopo avere lavorato molto a nelle botteghe di altri due grandi maestri e architetti veneti, si trasferisce a Bergamo e nelle Marche, poi anche nel Lazio per eseguire alcune commissioni, quando torna a Venezia trova un muro: Tiziano aveva trionfato con il suo stile e con l’interpretazione spiritualistica del sacro, così Lotto, non si lascia scoraggiare e perfeziona il suo stile deviando alcuni istinti per evitare la critica di imitare Tiziano e crea un suo stile fatto di ritratti illuminati da una luce non dissimile da quella di pittori nordici come Vermeer e De La Tour, ma anche si da alla strada che lo porta verso la modernità trasformando il ritratto in un dialogo con lo spettatore e a dipingere scene e paesaggi per la maggior parte sempre sacri, ma anche borghesi ritratti nelle loro case appoggiati magari su un tavolo con dietro una veduta della laguna.
Non pittore di corte dunque, ma della nobiltà, di artisti, letterati, ecclesiastici. Lotto ha contribuito, dalle retrovie, senza essere servo del potere costituito, ad aprire la strada della modernità come noi la conosciamo. Questa occasione della mostra veneziana restituisce il pittore alla città e contemporaneamente ci fa comprendere tutto il percorso che ha attraversato l’artista quando lavorava nelle Marche, ma anche in particolar modo nella Santa Casa di Loreto, gli anni fertili bergamaschi.
Stiamo parlando di veri e propri itinerari lotteschi, purtroppo custoditi dal Museo dell’Ermitage, dal quale non sembra vero che siano tornati a noi e proprio in terra veneta. L’arte dello straordinario pittore solitario, che aveva lavorato nelle più belle chiese d’Italia cinque secoli fa, compiendo opere devozionali di grande commozione e innovazione.
L’esposizione racchiude tutta la vicenda pittorica ed esistenziale di Lotto che specie in terra veneta ha lasciato un grande segno, in quanto l’artista riuscì a conciliare gli elementi tradizionali della grande pittura della sua epoca con elementi fortemente anticipatori dell’età borocca con risvolti pressoché moderni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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