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Love and money, morire di shopping

Forse neppure la neve riuscirà a fermare lo shopping natalizio. Il meccanismo del consumo è ormai a prova di agenti atmosferici e può darsi anzi che la coltre bianca, trasformando il paesaggio metropolitano in un’iconografia disneyana, apporti qualche vantaggio sul piano del marketing. Al di là dell’ironia o di facili moralismi, c’è da augurarsi che le cose vadano davvero così: che non si spenda meno degli scorsi anni, che gli incassi dei negozianti non risentano della crisi e che, come si dice in gergo, «l’economia torni a girare». Questo auspicio ha però in sé qualcosa di allarmante: fa avvertire quanto sia fragile il dispositivo dei consumi e, soprattutto, non dissipa la paura di finire schiacciati dai suoi ingranaggi. «Love and Money», lo spettacolo in scena al Filodrammatici sino al 31 dicembre, si sofferma proprio sugli aspetti oscuri dello shopping e sui suoi costi in termini umani. Jess e David, i due giovani protagonisti del testo scritto da Dennis Kelly, hanno contratto dei debiti sbalorditivi per mantenere alto il loro tenore di vita. Quando si alza il sipario, veniamo a sapere che Jess, non potendo far fronte ai suoi creditori, si è suicidata, ma non senza l’aiuto di qualcuno che, pur amandola, non voleva più vivere in una continua agonia finanziaria... A partire da qui, da questa agghiacciante rivelazione, Kelly costruisce una sequenza di sketch strazianti, dei veri e propri affondi nella società inglese degli ultimi decenni, che solo in un secondo tempo rivelano la loro attinenza con la vicenda dei due giovani debitori. Vediamo quindi sfilare una coppia di anziani coniugi che sfogano la loro frustrazione sociale distruggendo la tomba di un immigrato benestante, una manager particolarmente vorace che non ha mai fatto i conti con il suo passato di giovane introversa, un uomo che vive solo in funzione del suo feticismo sessuale... Un panorama di ordinaria degradazione, perfettamente “british” nel suo classismo esasperato, eppure così inquietantemente familiare... Kelly è davvero bravo nell’evocare un clima di violenza implicita, di malessere latente che si rende progressivamente più palpabile e minaccioso, sino a farsi tangibile e lancinante all’apice di ogni singola unità drammaturgica. Bravi sono anche gli attori, tutti giovani, che riescono a calarsi minuziosamente nella psicologia dei singoli personaggi: in particolare Tommaso Amadio nella parte di David, Angela Demattè nel ruolo di un’anziana e rancorosa madre e Greta Zamparini, interprete di due figure femminili con profili caratteriali agli antipodi. Efficace infine la regia di Bruno Fornasari, abile nel costruire gli incastri tra le singole scene facendo ricorso a soluzioni semplici e adeguate. Il merito maggiore di questo spettacolo intenso, a tratti complesso e ininterrottamente feroce sta però nell’offrirci un perfetto spaccato sociale senza fare ricorso agli stereotipi del «teatro di denuncia» e alla retorica anticonsumistica.

In «Love and Money» infatti la critica di costume è funzionale allo scavo nell’interiorità dei personaggi, il dato sociologico è risolto in chiave esistenziale e l’ansia di consumare, il bisogno spasmodico di accumulare oggetti, è vista come la risposta sbagliata al giusto desiderio di porre rimedio alla consunzione stessa della vita.

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