Lumet, il re del crimine a cui rubarono l’Oscar

Dedicato a tutti quelli che hanno la puzzetta sotto il naso, a quelli che ascoltano solo musica stilosa, a quelli che il liscio gli sembra una cosa troppo popolare per essere ascoltata, a quelli che «la radio passa sempre la stessa musica». La dedica è l’ascolto di Radio Zeta, emittente della Bassa bergamasca che, dalle campagne fra Treviglio e Caravaggio, si è allargata a mezza Italia, con la forza di frequenze ben strutturate e di una programmazione difficilmente confondibile, visto che è fatta con gli ingredienti tipici della balera a più piste: sessanta per cento di disco, venti per cento di latino americana, venti per cento di liscio. E tante, tante cover, tutte rigorosamente eseguite dal vivo.
Perché la forza e l’unicità di Radio Zeta è quella di riprodurre lo schema di altre due emittenti molto più grandi, ma restando unica. Mi spiego: il fatto di essere filiata da una discoteca ripercorre le orme del Capriccio di Arcene, sempre in provincia di Bergamo che, grazie all’intuizione imprenditoriale di Lorenzo Suraci, è diventato un po’ alla volta un colosso come RTL 102,5. Allo stesso modo, Radio Zeta nasce ancora prima dallo Studio Zeta, discoteca della Bassa in cui si esibivano, fra gli altri, Edoardo Bennato, Jovanotti, Laura Pausini, Ligabue, Enrico Ruggeri, Biagio Antonacci, gli 883, Luca Barbarossa... L’altro modello parte proprio da Luca Barbarossa, come in un cerchio che si chiude, ed è la Radiodue che Flavio Mucciante ha trasformato in un paradiso della musica dal vivo, suonata e cantata negli studi di via Asiago, proprio a partire dal programma di Barbarossa: Radiodue Social Club.
Ecco, Radio Zeta è la somma di queste due esperienze e il suo patron Angelo Zibetti, Angelotto quando trasmette, è riuscito a fare delle sue frequenze il tempio del liscio e delle cover da orchestre. Soprattutto, in un tempo, anche radiofonico, in cui tutto corre velocissimo, Zibetti ha portato le lancette dell’orologio e della macchina del tempo dell’etere indietro di anni.

Riuscendo a riportare la radio delle dediche e delle richieste, anche esaudite dal vivo, al centro della programmazione. A quelli con la puzzetta sotto il naso, non piacerà. A quelli che danno un senso alla parola «popolare», anche e soprattutto a chi ascolta una radio diversa da quella che suona unz-unz-unz, piace.

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