Kabul - Un comandante taleban duro e deciso,
abile nello sfruttare i media e spietato con i nemici. Questo
era il mullah Dadullah Kakar, l'autore tra l'altro del sequestro
di Daniele Mastrogiacomo, ucciso oggi in uno scontro con le
forze di sicurezza afghane nella provincia di Helmand.
Di etnia pashtun, nato in un villaggio vicino a Kandahar
circa 40 anni fa, collaboratore del mullah Omar fin dall'inizio
dell'offensiva talebana, nel 1994, ha perso una gamba su una
mina nella zona di Herat.
Feroce capo militare, grande barba
nero, sguardo torvo e turbante, Dadullah aveva anche capito
l'importanza della comunicazione e la sensibilità
dell'Occidente nei confronti dei propri connazionali rapiti e
minaccaiti di morte. Così aveva varato una campagna di
sequestri e nel contempo, chiamava i giornalisti con il
satellitare, telefonava alla Bbc, rilasciava interviste alla tv
"al Jazira".
Il suo nome viene accostato nel 2000 a eccidi terribili nella
zona di Yakaolang dove centinaia di civili sarebbero stati
trucidati e alcuni scuoiati. Quando, dopo l'intervento Usa nel
2001, si trova in difficoltà militari, riesce a trovare un
accordo con i vecchi compagni della lotta contro i sovietici e
si riorganizza nel Waziristan del sud (Pakistan), raccogliendo
uomini e risorse in vista del ritorno.
Riappare nel 2003 con la
prima intervista ufficiale di un capo talebano alla Bbc.
Dadullah promette:"La nostra lotta continuerà fino alla
cacciata di cristiani, ebrei e crociati". E' attribuita a lui
l'uccisione a sangue freddo (marzo 2003 nella zona di Kandahar)
di un dipendente della Croce Rossa Internazionale, Ricardo
Manguia, con doppio passaporto svizzero e di El Salvador. A
giugno 2003 Omar lo nomina membro del Consiglio direttivo dei
taleban, composto da 10 membri e, qualche mese dopo,
responsabile militare del fronte sud, composto dalle province
più calde, come Helmand, Kandahar e Uruzgan.
Le tradizionali tecniche di guerriglia risentono
dell'esempio iracheno, con azioni suicide, ordigni improvvisati,
propaganda con video e messaggi su Internet.
Nel 2004, parlando
da un telefono satellitare con la Reuters, dice che "le truppe
Usa e i loro alleati sono intrappolati ormai nelle loro basi
afghane". A dicembre del 2005 è condannato all'ergastolo in
Pakistan per il tentato assassinio di un politico avverso ai
taleban. A febbraio del 2006, Dadullah promette 100 chilogrammi
d'oro a chi ucciderà i disegnatori danesi autori delle vignette
su Maometto.
Ad aprile telefona ad una radio per rivendicare l'attentato
suicida dell'8 aprile scorso contro Camp Vianini, la base del
Team di ricostruzione provinciale sotto comando italiano a
Herat.
A maggio viene annunciata la sua cattura, ma è lo stesso
Dadullah a telefonare alla Reuters per smentire.
Ad ottobre, in una serie di fotogrammi consegnati alla tv
pachistana Geo, si vede Dadullah che decapita otto uomini e
poggia le teste sul torace delle vittime. Il filmato afferma che
i giustiziati sono spie che lavorano per i "cristiani ed i
crociati".
A marzo 2007 il sequestro Mastrogiacomo e il mese successivo
quello di due cooperanti francesi. Per il giornalista italiano
c'é l'accusa di essere una spia (che poi cade) e la richiesta
della liberazione di ribelli in carcere. Pur chiedendo
formalmente anche il ritiro delle truppe (italiane o francesi)
Dadullah sembra puntare sulla liberazione dei taleban. La sua
idea è esplicitata in una intervista al corriere: "un
cittadino occidentale in cambio di tre taleban liberati da
Hanid Karzai".
Il rapimento Mastrogiacomo è una pagina drammatica.
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