Fu il più inarrivabile snob che abbia calcato il jet set internazionale tra le due guerre mondiali. Ha trascorso gran parte dellesistenza a bordo del suo yacht da favola. Lungo 80 metri, stazzava 800 tonnellate e aveva un equipaggio di 25 uomini. Probabilmente il più bel veliero in giro per i mari, alla pari col Britannia dei Reali inglesi.
Assicurato dai Lloyds di Londra con la massima classifica «cento-a-uno», lo yacht era stato costruito nel 1911 nei cantieri Ramage & Ferguson e varato sul Clyde, fiume della Scozia. Larciduca dAsburgo che lo aveva commissionato non poté inaugurarlo perché, scoppiata la guerra 14-18, la Marina britannica lo requisì. Fu utilizzato come nave ammiraglia dei cosiddetti drifters, velieri che, dotati di speciali reti da pesca, davano la caccia ai sommergibili tedeschi e fungevano da dragamine.
Il Nostro lo acquistò nel 19 come unico proprietario e cominciò a girare il Mediterraneo, lAtlantico e il Mare del Nord. Talvolta attraccava, ma più spesso gettava lancora al largo per poi raggiungere la costa con uno dei motoscafi di bordo: un Thornicroft aperto, più adatto al mare agitato, e uno, più di scena, a berlina chiusa con motore Isotta Fraschini. Scendeva a terra per controllare i suoi impianti sulle coste italiane, inglesi, statunitensi o canadesi, ma più spesso per recarsi in visita da amici altolocati. Sulla riva, lo attendeva con la Rolls Royce lautista russo, Bindoff, che si dirigeva poi veloce e sicuro a Palazzo Spinola a Genova, al castello di Lord Montague in Cornovaglia o dal ministro delle Finanze del Canada, sir William S. Fielding, nella sua residenza di Terranova, o ovunque si trovassero. Il Nostro ricambiava gli inviti con ricevimenti sullo yacht, dando loccasione allo chef italiano di sbizzarrirsi in prelibatezze che solluccheravano i palati di altezze reali, principi e duchi.
Questa raffinata routine di bordo fu interrotta un giorno dallinaspettata presenza al fianco dello yachtsman di una splendida fanciulla di 27 anni. Sul fortunato cinquantunenne piovvero i complimenti più aggraziati, ma nessuna lode eguagliò lesclamazione di lord Birkenhead, ex Gran Cancelliere di Sua Maestà: «Mio caro, questa è la più bella scoperta della tua vita».
La contessa Maria Cristina Bezzi Scali era davvero una perla rara. Rampolla della migliore nobiltà nera romana, alla bellezza univa le più eccelse virtù che un maturo gentiluomo potesse desiderare: religiosità, buoni sentimenti, eleganza e neanche unamicizia bottegaia. Tra i prelati frequentava solo dai cardinali in su, tra i nobili nessuno sotto il visconte. Il padre di Cristina era brigadiere generale delle Guardie nobili del Papa, la mamma una marchesa Sacchetti.
Prima di convolare a nozze il Nostro dovette ottenere lannullamento rotale di un matrimonio giovanile con uninglese. I due anni di attesa furono colmati da una costellazione di tenerissime lettere, in genere da Londra, sede degli interessi scientifico-economici dello yachtsman. Cominciavano con «Cristina mia adorata», promettevano «amore inesauribile» e si concludevano con la promessa «tu sarai la mia sposa, la mia donna, il mio angelo, Crissy adorata». Il grosso della corrispondenza era su carta intestata dellesclusivo Savoy Hotel, dove il promesso sposo andava a soggiornare a malincuore non potendo attraccare lo yacht sul Tamigi. Per il matrimonio a Roma, il Nostro donò a Crissy un diadema di brillanti ideato e disegnato personalmente da lui non avendone trovato di idonei nelle gioiellerie di Londra.
Dal matrimonio nacque ununica figlia, anche perché il padre era ormai cinquantaquattrenne. Constatato sul Gotha degli Yacht che mai era stato dato a un essere umano il nome di una barca, il Nostro decise di infrangere il tabù e chiamò la piccina come lo yacht. Era un nome miceneo, tratto dalla dinastia degli Atridi, ma fortemente allusivo al marchingegno da lui ideato e che lo aveva reso universalmente celebre. Madrina della bimba fu la Regina Elena di Savoia, padrino Eugenio Pacelli, futuro Pio XII.
Prima di diventare maturo sposo e padre, il lupo di mare aveva largamente illustrato la patria con le sue imprese. Autodidatta e privo di titoli di studio, ebbe a 21 anni unidea inedita. La propose alle autorità perché lo aiutassero a svilupparla. Ma lItalia crispina, impegnata nellavventura etiopica, la considerò unutopia e declinò lofferta. Il Nostro allora, disse alla madre, Annie Jameson, unirlandese di origini scozzesi: «Andiamo a Londra». Qui, lingegnere capo delle Poste capì subito limportanza dellintuizione e gli mise a disposizione quanto desiderava.
Con molto ritardo, lItalia riconobbe il suo ingegno e lo onorò in tutti i modi. Lo fece senatore e contrammiraglio. Fu col presidente del Consiglio, Vittorio Emanuele Orlando, nella delegazione che firmò il Trattato di Versailles dopo la Grande Guerra.
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