Macché 007: lo scandalo l’ho scoperto io

La vera storia dell'alloggio monegasco. La prova: ecco la mail che un amico mi inviò rivelando lo scandalo e che io girai al "Giornale"

Premetto che mi sono sempre piaciute le storie di spionaggio. Quando ero militare, tanti anni fa, ho seguito il corso «I», che stava per informatore. E quando, molto tempo dopo, mi capitava di fare l’inviato nei Paesi comunisti, mi divertivo a mettere in pratica quello che avevo imparato sotto le armi per depistare i segugi che le autorità mi mettevano puntualmente alle calcagna. Ma, con tutto ciò, non mi sono divertito affatto quando, dopo lo scoop dell’appartamento di Montecarlo, mi hanno virtualmente - e del tutto arbitrariamente - «promosso» a 007 in servizio permanente, per giunta «deviato». Come ha già scritto in più di una occasione Vittorio Feltri, con questa faccenda i servizi, i dossier, le spie e quant’altro è stato tirato in ballo non solo dai finiani che cercavano di difendere il loro leader, ma anche dalle sinistre e da una parte consistente della stampa nazionale, non c’entrano proprio niente.
Ecco come sono andate in realtà le cose. Nel pomeriggio del 21 luglio ho ricevuto una telefonata da un vecchio amico, fedele lettore del Giornale: «Livio - mi ha detto - nei giorni scorsi sono stato a Montecarlo e un italiano residente nel Principato mi ha raccontato una strana storia riguardante un appartamento lasciato in eredità ad An e in cui adesso si sarebbe insediata la famiglia Tulliani...». «Stop - l’ho interrotto - con sette milioni di intercettati, come dice il nostro presidente del Consiglio, queste non sono faccende da trattare al cellulare. Vieni domattina a casa mia e ne parliamo». L’indomani è arrivato e mi ha riferito quanto aveva appreso. Il suo racconto mi ha convinto abbastanza da indurmi a mandare subito alla direzione la nota che Il Giornale ha già pubblicato una volta, che l’amico Sallusti ha mostrato anche in Tv, ma che nel contesto di questo racconto ritengo necessario riprodurre nuovamente, inesattezze comprese.

MEMO URGENTE DA LIVIO CAPUTO
PER VITTORIO FELTRI E ALESSANDRO SALLUSTI
Un mio amico e lettore del Giornale (...) mi ha segnalato la seguente vicenda, che forse potrebbe essere di interesse per noi. Una dozzina d’anni fa una nobildonna bergamasca, la contessa Colleoni, ha lasciato in eredità ad Alleanza nazionale un appartamento di circa 75 mq., situato in Montecarlo, al pianterreno di rue Princesse Charlotte 14.
L’amministrazione di questo bene ha sempre fatto capo all’on. Donato Lamorte, fedelissimo di Fini, che per anni ha rifiutato qualsiasi offerta di affitto o acquisto. Nel 2009 invece, improvvisamente, l’appartamento, del valore stimato di 2 milioni di Euro, è stato ceduto alla società inglese Timara Ltd. per una somma da accertare, prontamente ristrutturato a cura della società Tecabat di Montecarlo e finito nelle mani di Elisabetta(?) Tulliani, la compagna di Fini, che ora vi risiede con tanto di nome sul citofono. Lo stesso Fini è stato visto più volte entrare e uscire dalla casa.
Il mistero, che toccherebbe al «Giornale» svelare, è duplice: 1) A che prezzo il tesoriere di An ha ceduto il bene (dovrebbe risultare dal catasto di Montecarlo)? 2) Chi si nasconde dietro la Timara? È un vera immobiliare, che poi ha affittato regolarmente la casa alla Tulliani, o con un gioco di prestigio il Lamorte ha messo l'appartamento a disposizione della compagna del suo capo?

Come si può vedere, gli elementi della storia c’erano già tutti, raccontati da un cittadino a un altro cittadino e poi riferiti a un giornalista che li ha doverosamente trasmessi alla sua direzione; c’era, perfino, l’indicazione che della ristrutturazione della casa si è occupata personalmente Elisabetta Tulliani, come è stato clamorosamente confermato martedì sera a Porta a porta. Sono stati poi bravissimi gli inviati del Giornale e gli altri colleghi che si sono interessati alla vicenda a correggere le imprecisioni, cercare conferme, trovare nuovi particolari: è stato un bell’esempio di giornalismo investigativo, raro di questi tempi, di cui vado fiero per la nostra categoria. La mia parte, comunque, è finita con l’invio della nota informativa, e devo ammettere che non mi aspettavo di scatenare una tempesta di queste proporzioni. Ma ero, e sono più che mai convinto oggi, che nel trasmettere la denuncia dell’abuso ho reso un servizio non agli avversari politici di Fini, ma all’opinione pubblica in generale: grazie alla rivelazione dell’inghippo di Montecarlo, gli italiani avranno infatti modo, quando si andrà alle urne, di valutare meglio la figura di un protagonista della politica che si presenta come un campione della legalità e della correttezza, ma ha anche lui il suo bello scheletro nell’armadio.


In conclusione, come ci si sente a essere all’origine dello scandalo dell’estate? Bene, anzi benissimo, se non fosse per l’insistenza con cui tanti, non sapendo a cosa attaccarsi, continuano a vaneggiare di dossier e a accusarci di spargere fango. Ma, come accadde per il Watergate, la storia finirà col dare ragione a noi.

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