La magia del Flamenco passa dai tacchi di Belén

Il fruscio delle balze, il rimbalzo del tacco: il flamenco entra nell’animo salendo dal basso attraverso i piedi. Poi ha libero accesso di danzare con le nostre emozioni, travolgendo ogni senso. Milano può essere gelida e nebbiosa d’inverno, ma conosce la bella stagione della passione e non è rimasta insensibile al fascino della danza gitana. L’abbraccio caliente con l’arte andalusa si rinnova con la seconda edizione del «Flamenco festival» che fino a giovedì ha la sua ribalta al teatro Out Off di via Mac Mahon. Regista della manifestazione è Punto Flamenco, associazione che dal 2003 è riferimento nazionale per chi ami le movenze dei bailaores. Patrocinio istituzionale (Comune, Provincia e perfino il ministero della Cultura spagnolo) ma sponsorship ridotte all’osso, l’associazione è comunque riuscita a portare a Milano le migliori stelle del firmamento flamenco: alcune saranno in città per la prima volta e con prime assolute.
E non solo per danzare, ma anche per provare a dispensare un poco della loro arte in un paio di workshop blindatissimi e già esauriti. Un sold out comprensibile quando si parla di muovere qualche passo accanto a Belén Maya, fra le interpreti più note e sorprendenti del Flamenco moderno di cui l’artista fornisce una rilettura «fusion», che si mescola con movenze afro e jazz, dati i suoi natali newyorchesi, che però non ne hanno modificato l’impronta tutta gitana. Lei, classe 1966, è figlia d’arte: Mario Maya e Carmen Mora hanno fatto la storia del flamenco, Belén l’ha declinata al futuro e per Milano ha preparato una serie di «Solos» che sono un poco il compendio della sua arte. Curiosa di danzare a Milano Maya ripete sempre che a muoverla alla danza è la felicità e la sua esecuzione è infatti un tripudio di gioia, lirismo e femminilità, stemperate in una tecnica ferrea.
A fare da comprimari sul palco del festival salgono altri due interpreti intensi del Flamenco del terzo millennio: Alfonso Losa e Alicia Marquez. Lui con i suoi 29 anni, è il più giovane degli ospiti, talento precocissimo con alle spalle già una corposa carriera da solista. Lei, diplomata al conservatorio di Siviglia, comincia a danzare proprio nella compagnia del padre di Belén. Partecipa anche ad alcuni film, fra cui Sevillanas e Flamenco di Carlos Saura e in Bodas de Sangre, oltre che come interprete, contribuisce anche al montaggio. «Entrambi gli artisti - spiega Maria Rosaria Mottola, organizzatrice e direttrice artistica del festival - pur nelle loro diversità stilistiche hanno come minimo comune denominatore la retrospettiva e il recupero della tradizione». Mottola ricorda come il madrileno Losa si definisse un allievo «ribelle», permeato di voglia di innovare gli stilemi del flamenco. «Mirando Atras» è il pezzo con cui però Losa sbarca a Milano - in prima nazionale - tornando per l’appunto sui suoi passi, in una retrospettiva tecnica «che è un’ode ai maestri - spiega Mottola - che lo hanno guidato nel cammino dell’arte, senza cadere nella prigione del passato». Anche la Marquez porta in scena una retrospettiva che si configura come un dialogo intimista. «Frammenti di vita, ricordi, un lungo percorso a ritroso nella memoria»: ecco come si può definire il florilegio di pezzi proposti dalla sua compagnia: «De la memoria» include anche una struggente Ninna Nanna che la Marquez dedica alla mamma, da poco scomparsa.

Dopo il festival, i lavori di Punto Flamenco non si fermano: a settembre l’associazione cambierà sede, trasferendosi nei nuovi spazi di via Farini, più ampi e adatti per un’attività a tutto tondo di promozione e diffusione dell’emozione flamenco.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica