
Enrico Pazzali resta libero. Il tribunale del Riesame di Milano, che ha condiviso la linea del gip che disse di no all'arresto, ha stabilito che non è necessario mettere ai domiciliari l'ex presidente di Fiera Milano finito al centro della bufera per il caso degli «spioni» di Equalize. Un'inchiesta che ha messo in luce un presunto saccheggio di dati a circa 650 persone e imprese da parte della società, ora chiusa. Sebbene venga considerato dai giudici la «mente illecita » della associazione, insieme all'ex superpoliziotto Carmine Gallo, mancato alcuni mesi fa, Pazzali infatti non potrebbe reiterare il reato e non è giustificata quindi una sua limitazione della libertà.
Il tribunale, con il collegio Cornelli-Abbadessa e Camponovo, ha valutato innanzitutto che gli manchi la competenza «informatica e investigativa». Oltretutto «l'eco mediatica» della vicenda e la pendenza del procedimento, riducono il rischio che analoghe condotte possano ripetersi: il clamore ne ha sminuito «la credibilità nelle relazioni e negli ambienti dai quali traeva sostegno».
Il quadro accusatorio però resta: i giudici qualificano Pazzali come «un uomo scaltro», in grado di incrementare i «profitti» dell'attività svolta da altri.
Sarebbe stato capace, per i giudici, di intrecciare «questa sua rete di conoscenze con le attività delittuose» del gruppo delle presunte cyber-spie.
Era infatti, secondo i giudici, abile nel «sfruttare a proprio vantaggio» le potenzialità degli altri indagati. Il suo ruolo sarebbe stato quello di chiedere con solerzia «report reputazionali», disposti con le informazioni tratte da banche dati riservate. E che il più delle volte, oltre ad essere «domandati in nome e per conto di influenti personalità politiche o appartenenti alle istituzioni», venivano utilizzati «per gestire antagonismi professionali o per acquisire conoscenze su soggetti interessati da vicende pubbliche che potessero tornare utili a lui o ai suoi sponsor».
Pazzali, con l'avvocato Federico Cecconi, si è difeso ribadendo di essere tenuto «all'oscuro» dagli altri indagati delle attività illecite e che mai chiese report illegali, tantomeno su politici o figure istituzionali. Sempre fa parte della difesa di Pazzali il fatto che ci fossero solo ricerche dimostrative, per «verificare» il «funzionamento e l'efficienza del software», la piattaforma Beyond, un aggregatore di dati.
La questione dell'accesso alla versione munita di collegamento allo Sdi, il sistema informativo interforze del Viminale è stata eliminata dalla procura stessa. Nell'avviso di conclusione delle indagini notificato il 30 luglio, infatti, non vi sono più riferimenti a questi tipi di accesso in quanto gli accertamenti tecnici li hanno esclusi. Sarebbero stati, invece, secondo la versione resa degli indagati, solo un modo per millantare una potenzialità della società, mai esistita.
Sugli altri possibili obiettivi dei presunti spionaggi, come i politici Matteo Renzi, Matteo Salvini, Daniela Santanchè, ma anche il presidente del Senato Ignazio La Russa e i suoi figli, non ci sono imputazioni presenti nell'avviso.