Meloni fa muro sul vicepremier. "Accanimento dopo il processo flop"

La soddisfazione del leader leghista: "Grazie Giorgia, vado avanti a testa alta"

Meloni fa muro sul vicepremier. "Accanimento dopo il processo flop"
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«Difendere i confini non è reato, vicenda surreale». Il ricorso in Cassazione presentato dalla Procura di Palermo contro l'assoluzione in primo grado di Matteo Salvini nel processo Open Arms riaccende il dibattito e provoca una reazione compatta da parte del centrodestra che difende l'operato dell'allora ministro dell'Interno e si stringe attorno a lui.

Una decisione che fa seguito a una assoluzione con formula piena, «perché il fatto non sussiste» e che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni commenta sui social con toni duri: «È surreale questo accanimento, dopo un fallimentare processo di tre anni a un ministro che voleva far rispettare la legge, concluso con un'assoluzione piena. Mi chiedo cosa pensino gli italiani di tutte queste energie e risorse spese così, mentre migliaia di cittadini onesti attendono giustizia».

Lo stesso Salvini ringrazia pubblicamente la premier sotto il suo post: «Grazie Giorgia. Sono convinto che difendere l'Italia e i suoi confini non sia un reato». In una nota, il vicepremier sottolinea il proprio rispetto per la magistratura e il lavoro svolto dal Tribunale: «Ringrazio il tribunale di Palermo e sottoscrivo tutte le 268 pagine che motivano la mia totale assoluzione. Ho fatto più di trenta udienze: evidentemente qualcuno non si rassegna».

Parole di solidarietà arrivano anche da parte dell'attuale ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, che nel 2019 era capo

di gabinetto proprio al Viminale durante la gestione Salvini: «Rivendico l'azione che fu fatta per contrastare l'immigrazione illegale, che non è tanto diversa dalle mafie. Mi ritengo moralmente imputabile anche io». Il vicepremier Antonio Tajani su X: « Nel caso di Open Arms si tratta di un accanimento nei confronti di un ministro della Repubblica che ha fatto il proprio dovere. Matteo sono con te». E ancora Carlo Nordio individua in questa iniziativa il perfetto esempio di una prassi che condanna la giustizia alla lentezza. «Niente impugnazione contro le sentenze di assoluzione, come in tutti i paesi civili. Altrimenti finiamo a ciò che è avvenuto col caso Garlasco» dice il ministro della Giustizia. «Al di là delle implicazioni politiche di questa scelta inusuale, si pone il problema tecnico. Come potrebbe un domani intervenire una sentenza di condanna al di là di ogni ragionevole dubbio, quando dopo tre anni di udienze un giudice ha dubitato e ha assolto? La lentezza della nostra giustizia dipende anche dall'incapacità di molti magistrati di opporsi all'evidenza. Rimedieremo».

Dura la reazione del vicepresidente del Senato, Licia Ronzulli: «Una parte della magistratura prosegue nel tentativo di mettere sotto processo le decisioni politiche di un ministro e del governo che le ha condivise, malgrado più sentenze abbiano certificato la regolarità del suo operato». Critico anche Lucio Malan, capogruppo di Fratelli d'Italia al Senato: «Mi aspetterei che una Procura, specialmente

in una città come Palermo, si occupasse di altre cose».

Sulla stessa linea anche Alessandro Cattaneo, responsabile dei dipartimenti di Forza Italia, che definisce il ricorso «un atto di forzatura giudiziaria»: «La volontà di proseguire andando in Cassazione appare davvero un accanimento. Già appariva un unicum al mondo vedere un ministro degli Interni a processo per sequestro di persona, ma ancora più incredibile è apprendere che la vicenda non si chiude qui, con nuove spese di tempo, denari ed energie». Per Maurizio Lupi la decisione, «oltre a sconfessare il lavoro dei giudici di primo grado, alimenta il dubbio che una parte della magistratura voglia invadere il campo della politica e processare una seconda volta un ministro per un atto compiuto nell'esercizio delle sue funzioni. Il processo Open Arms non si sarebbe dovuto mai nemmeno fare, i pm vogliono invece farlo una seconda volta. Vicenda surreale prima, ancora di più adesso». Per la Lega è Gian Marco Centinaio a dettare una previsione.

«La giustizia farà il suo corso e Salvini sarà assolto ancora una volta, perché difendere i confini dell'Italia non è reato e nessuna Ong può imporre per proprio conto in quale porto attraccare, ignorando le regole. La sentenza di primo grado è già stata chiara e precisa».

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