Porte aperte, così toghe e sinistra frenano il giro di vite

Le protezioni sono 150mila, i nuovi permessi 330mila all’anno. E ai giudici non basta

Porte aperte, così toghe e sinistra frenano il giro di vite
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L'episodio di Malpensa, con un titolare di protezione internazionale che devasta un'area dell'aeroporto, non è un caso così isolato. Racconta un'Italia dove, da una parte, la maggioranza di governo punta a garantire più sicurezza e lavora a un giro di vite per i clandestini; dall'altra, pezzi di magistratura e ingranaggi burocratici e politici, garantiscono «porte aperte» e insicurezza. Secondo Fondazione Ismu, nel 2024 sono arrivati in Europa quasi 200mila migranti, di cui 66.600 sulle coste italiane. Nei primi sette mesi del 2025 gli sbarchi hanno toccato i 35.827. Alti i numeri dei permessi concessi: 330.730 nuovi permessi di soggiorno nel 2023, tra cui 138.000 titolari di protezione internazionale e 147.000 richiedenti asilo. Alla fine del 2024, i titolari di protezione internazionale salgono a 150.000 più le sole domande presentate nello stesso anno che ammontano a 159.000. Numeri che raccontano di un Paese che è stato molto generoso, spesso incapace di distinguere tra chi ha diritto di restare e chi invece non ce l'ha.

Poi c'è il dato delle «stime», quindi non verificabile. Oltre 321mila clandestini presunti sul territorio nazionale, persone invisibili al sistema, ma presenti nelle città senza alcun titolo. È qui che si innesta il cortocircuito. Perché mentre il governo cerca di costruire argini, le toghe continuano a trasformare l'irregolarità in un diritto. Come nel caso del tunisino arrivato nel 2022 con un permesso scaduto dopo un anno: clandestino a tutti gli effetti, destinatario di un decreto di espulsione. Ma il Tribunale di Roma lo «salva» perché diabetico: in Tunisia le cure sarebbero a pagamento, quindi a mantenerlo dovranno pensarci gli italiani.

Stessa sorte per un filippino, in Italia dal 1998, senza permesso dal 2012 e con un ordine di espulsione del 2019: per i giudici deve restare, perché ha legami familiari e l'allontanamento violerebbe i suoi diritti fondamentali.

Altro paradosso nel caso del senegalese, espulso nel 2023 ma rimasto qui da clandestino: la Cassazione lo riabilita dando la colpa agli uffici amministrativi, incapaci di registrare correttamente la sua nuova domanda. In pratica, la burocrazia italiana «costringe» il migrante a restare. Un altro senegalese, senza titolo dal 2016, viene invece graziato perché ha frequentato due corsi di formazione: segno di «integrazione».

Così, tra cavilli legali e sentenze politiche, chiunque trovi un appiglio resta. È questo lo sfondo del caos di Malpensa: un uomo che, forte della protezione concessa da un tribunale, si sente intoccabile. Come lui, centinaia di migliaia.

I dati non lasciano scampo: l'Italia è il Paese dei 330mila nuovi permessi l'anno e dei 321mila clandestini permanenti. Un doppio binario che garantisce accoglienza illimitata e clandestinità impunita.

E mentre i cittadini rispettano le regole, pagano le tasse e subiscono disservizi, c'è chi urla, devasta e ottiene tutto: la protezione, il vitto, l'alloggio e perfino il diritto di restare per sempre. Un Paese che premia chi sfugge alla legge e punisce chi la rispetta. Un'Italia dove la sicurezza, il controllo e la giustizia diventano optional, e l'impunità diventa un privilegio.

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