Magistratura

Salis, le toghe rosse diventano garantiste (per fare politica)

Da qualunque latitudine e longitudine la si voglia osservare, la vicenda Salis presuppone l'individuazione di alcuni punti fermi: il diritto ad un giusto processo che deve essere riconosciuto a qualunque individuo

Salis, le toghe rosse diventano garantiste (per fare politica)

Ascolta ora: "Salis, le toghe rosse diventano garantiste (per fare politica)"

Salis, le toghe rosse diventano garantiste (per fare politica)

00:00 / 00:00
100 %

Da qualunque latitudine e longitudine la si voglia osservare, la vicenda Salis presuppone l'individuazione di alcuni punti fermi: il diritto ad un giusto processo che deve essere riconosciuto a qualunque individuo; l'inaccettabilità, che in un Paese dell'Unione Europea l'imputato di un processo debba essere tradotto in ceppi davanti al suo giudice perché contrastante con tutte le normative internazionali in materia; la necessaria autonomia e l'indipendenza della magistratura ungherese nell'accertamento dei fatti; l'attivazione da parte del governo italiano di tutti i meccanismi normativi per far rientrare in Italia la Salis anche in considerazione della lentezza dei tempi del procedimento innanzi all'Autorità giudiziaria ungherese.

Fatta questa doverosa premessa, non si sentiva assolutamente il bisogno che una parte della magistratura italiana scendesse in campo per partecipare alla trasformazione della

vicenda processuale della Salis in un fatto politico. Come noto, nelle ultime settimane l'opposizione politica e la stampa di riferimento hanno preso spunto dalla vicenda umana e processuale di Ilaria Salis per sindacare la scelta politica del capo del Governo di stringere rapporti con l'Ungheria di Orban conseguentemente strumentalizzando la vicenda penale a fini politici.

Se a questa operazione di trasformazione intende partecipare anche una parte della nostra magistratura vuol dire allora che la nostra democrazia è veramente malata.

Non è bastato schierarsi apertamente contro il decreto Cutro, criticare gli accordi politici sull'immigrazione con altri Stati, trasformare dibattiti in ambito associativo in luoghi di opposizione politica, partecipare a manifestazioni di protesta contro le leggi del Governo. Ora sembra arrivato il momento di irrompere sulla scenda della vicenda Salis diventando improvvisamente garantisti.

Tuttavia, come correttamente

osservato nei giorni scorsi dalle colonne del Foglio, sembra di essere di fronte ad una sorta di garantismo a corrente alternata: ci si scandalizza, giustamente, dei ceppi alla Salis ma nessuna parola viene spesa sulla gogna mediatica; si grida alla inciviltà del sistema giudiziario ungherese ma si rimuove dalla coscienza collettiva, Gherardo Colombo docet, che durante tangentopoli Enzo Carra venne presentato ammanettato al processo; si afferma l'innocenza della Salis ma nessun riferimento viene fatto alla vicenda Zuncheddu.

In conclusione, anziché invadere il campo della politica non sarebbe più opportuno battersi per una giusta giusta e soprattutto uguale per tutti sfatando il tabù giolittiano secondo cui la legge per gli amici si interpreta e per i nemici si applica?

Commenti