Toghe che contestano toghe: l'insolito "salto" dell'Appello pur di incastrare il leghista

Quel ricorso diretto alla Suprema Corte per non entrare nel merito della sentenza

Toghe che contestano toghe: l'insolito "salto" dell'Appello pur di incastrare il leghista
00:00 00:00

La natura non fa salti, la giustizia alle volte sì. E i pm di Palermo hanno deciso di presentare un ricorso per saltum direttamente in Cassazione contro l'assoluzione di Matteo Salvini per il caso Open Arms. È un modo per impugnare quella sentenza saltando l'appello, previsto all'articolo 569 del codice di procedura penale e quasi inedito, soprattutto per processi così mediatici. Ed è soprattutto una decisa rottura tra le toghe, una frattura tra pm e giudici di primo grado, con i primi che, sostanzialmente, si vorrebbero rivolgere direttamente alla Suprema Corte perché secondo loro i secondi avrebbero dato una interpretazione giuridica errata a fatti accertati e non contestati. Più precisamente, l'oggetto del contendere è la mancata assegnazione del Pos, il porto sicuro, alla nave della ong catalana che, carica di migranti soccorsi nel Mediterraneo, se ne stava davanti alle coste italiane aspettando un via libera allo sbarco che Salvini e il governo giallo-verde non volevano con tutta evidenza concedere.

La sentenza dello scorso dicembre, come è noto, ha detto che l'obiettivo di garantire da parte dei Paesi in questo caso dell'Italia - un place of safety alle navi che

hanno salvato migranti in mare in tempi ragionevoli è solo una «raccomandazione», non qualcosa da cui possa discendere una conseguenza giuridica, o che possa finire per costituire una fattispecie di reato come il sequestro di persona o come il rifiuto d'atti di ufficio. Insomma, garantire lo sbarco ai migranti ospitati dalla Open Arms non era per Salvini, e per l'Italia in genere, un «obbligo giuridico», hanno scritto nelle motivazioni i giudici palermitani, chiarendo in tal modo perché a dicembre scorso abbiano scelto di assolvere proprio «perché il fatto non sussiste» l'allora ministro dell'Interno e leader del Carroccio. E la difesa di Salvini, nel corso del processo, aveva infatti insistito sul fatto che la decisione fosse stata un «atto politico» di tutto il governo di Conte.

Nel frattempo, però, proprio la Cassazione guarda caso aveva dato una lettura molto diversa a una vicenda decisamente simile. Chiamata a pronunciarsi sui ricorsi di alcuni eritrei soccorsi dalla nave Diciotti (e che chiedevano un risarcimento danni per il forzato trattenimento sull'imbarcazione), la suprema corte ha smentito le sentenze di primo grado e d'appello che avevano respinto le istanze dei migranti, ritenendo che

il mancato sbarco fosse un atto politico in primo grado o un atto di alta amministrazione in appello comunque insindacabile. A marzo scorso, invece, la Cassazione ha sostenuto nella sua decisione che il ritardo nell'indicare un Pos non sarebbe un atto politico sottratto al controllo giudiziario, affermando poi che i migranti hanno diritto a un risarcimento in quanto il trattenimento a bordo ha violato la loro libertà personale.

Chissà che alla fine l'unico «atto politico» non finisca per essere quello della procura siciliana di procedere per saltum.

Un modo per accelerare, certo, (anche perché, oltre a bruciare un grado di giudizio, in caso di rigetto il controverso processo Open Arms si chiuderebbe tout court) ma soprattutto un modo per sottoporre la questione dell'indicazione del porto sicuro come obbligo in capo al ministro a una corte che, recentemente, si è espressa in quella direzione: affine alla procura di Palermo, difforme rispetto al Tribunale.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica