Mahanada, chi sono costoro? Innanzitutto un gruppo di ragazzi milanesi dadozione ma con forti radici pugliesi che hanno tradotto la loro cultura in musica.
Il suono di riferimento è il jazz, mescolato con il folk, limprovvisazione, letnico, la ricerca contemporanea. Una musica fatta di ritmi ed armonie complesse, che non accetta compromessi commerciali; tanto che i Mahanada hanno tenuto una serie di applauditissimi concerti a New York, hanno registrato un disco che uscirà prestissimo sempre in America e qui da noi faticano a trovare un ingaggio.
«Nei club di Milano piace il jazz classico, il mainstream - spiega il sassofonista e clarinettista Carmelo Coglitore - nessuno rischia sulla sperimentazione». Ad Atene ci hanno rappresentato alla Biennale dei giovani artisti dellEuropa e del Mediterraneo ma qui da noi di loro si parla poco. Ed è un male, basta ascoltare il loro cd Tarantas Circle, crogiolo di intuizioni jazz-etnico-acustico-elettroniche, per capire che volano alto.
«Siamo nellalveo del jazz - dice ancora Coglitore - ma mentre i jazzmen partono dal tema per buttarsi nellimprovvisazione, noi facciamo il contrario». Free jazz allora? «Piuttosto ricerca collettiva, perché noi non proviamo mai. Ci riuniamo solo per i concerti o per registrare. Se proprio dovessi definirla la chiamerei descrittiva».
I loro punti di riferimento sono il chitarrista Ralph Towner, gli Oregon e il collettivo di Butch Morris con cui hanno collaborato a New York, il loro maestro Salvatore Bonafede (ci ha insegnato a comporre improvvisando e ad affinare il nostro gusto melodico e ritmico»).
Viaggiando sempre controcorrente Coglitore, Carlo Nicitra al flauto, Giancarlo Mazzù alla chitarra e percussioni, Luciano Troja al piano hanno anche incrociato gli strumenti con i cori baltici del gruppo Auksodis in in un progetto sponsorizzato dallUniversità della Lituania.
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