Malato psichico fugge dall’ospedale: accusati i medici

Disabile, psicotico e schizofrenico. Incapace di salire su un treno da solo, di allontanarsi, di procurarsi da mangiare. Si teme fortemente per la vita di Cataldo S., detto Mario, il 36enne scomparso ormai da sei giorni da «Il Torchietto», una struttura protetta dell’Asl di Pavia in cui era in cura ed era ricoverato da 3 anni. L'ultima volta lo hanno visto sabato pomeriggio, intorno alle 17, quando il giovane uomo - che indossava un cappellino con visiera, jeans azzurri e una maglietta, ma era senza telefonino né portafogli - sarebbe uscito per andare a fare una passeggiata. Poi più nulla: alle 21.30 l’infermiere di turno ha informato i famigliari che non era ancora rientrato.
Nella denuncia di scomparsa presentata ai carabinieri, il fratello Marco - uno studente di medicina d’origine pugliese, tutore legale dello scomparso, che vive con la madre a Spessa Po - ha spiegato gli ultimi passaggi di una vicenda non chiara. Il fratello era stato trasferito a Pavia dalla Puglia tre anni fa perché la famiglia era convinta che lo avrebbero curato meglio. Tuttavia Marco S., circa un mese fa, ha notato che, in corrispondenza con un cambiamento nella terapia somministratagli, il fratello era più agitato e depresso. Segnali preoccupanti che ha comunicato al suo medico. Ma la terapia è stata proseguita. E, proprio il medico della struttura mercoledì scorso ha contattato telefonicamente la famiglia sostenendo che il fratello fosse migliorato al punto d’avere manifestato di voler uscire dal centro un'ora di pomeriggio.
«Per lasciarlo uscire dovevamo chiedere il consenso della famiglia» avrebbe detto il medico. Che hanno acconsentito che Cataldo potesse fare quella passeggiata, ma solo ed esclusivamente in compagnia di un operatore: il giovane uomo è un invalido psichico totale, non poteva assolutamente uscire da solo. Così venerdì un infermiere lo ha accompagnato e riportato alla struttura dopo un ora. «Sabato, invece, non so cosa sia successo» ribatte Marco.


Il direttore del dipartimento di psichiatria della struttura, Francesco Barale, ha dichiarato che strutture come «Il Torchietto» sono aperte e che non sono carceri perché i pazienti sono ricoverati in regime volontario, ma alla domanda se per l'uscita di Cataldo occorresse un'autorizzazione scritta del tutore legale, Barale ha preferito non rispondere.
«Siamo preoccupatissimi» ha concluso il fratello Marco. I carabinieri di Pavia sperano che qualcuno abbia accolto in casa Cataldo e lo abbia rifocillato. Prima di pensare al peggio.

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