nostro inviato a Ripoli
Santa Cristina (Bologna)
Non ha voglia di giocare, Gioele. Eppure, all'agriturismo del nonno, dove ieri avrebbe potuto scorrazzare in lungo e in largo protetto da occhi indiscreti, gli hanno portato il suo monopattino, quello coi disegni punk che sembrano usciti dagli spruzzi dei graffitari. Eppure ci sarebbero anche le scavatrici. E le benne gialle, quelle che lui mette «al lavoro» freneticamente, imbrattandosi di terra fin nelle orecchie. Sparpagliandole sulle montagnette che papà Stefano gli ha modellato nel giardino di via Borgo Vecchio. Niente. Non ha voglia di niente. Manda giù con scarsa convinzione persino la merenda che gli preparano a metà pomeriggio quando lui plana in cucina.
È stato Gioele, cinque anni, lui che non ha mai conosciuto il fratellino Samuele, lui che, anzi, è arrivato, al mondo precipitosamente per colmare, nel cuore dei genitori, il vuoto del bimbo assassinato il 30 Gennaio del 2002, il primo a chiedere: «Mamma dove vai? Perché?». Quando, avant'ieri, nella sera più buia della sua giovanissima esistenza, si è aggrappato alle gambe di Annamaria per trattenerla. Per non lasciarla portar via da quegli uomini in divisa. «Starò lontana per un po' - gli ha sussurrato lei - ma ci vedremo, ci vedremo presto, stai tranquillo». Non si fida Gioele. Perché a quell'età è l'istinto che costringe un bimbetto a diffidare delle notti buie, degli uomini in divisa. E delle luci blu che lampeggiano, non sul tetto delle macchinine, ma delle macchine vere, dei carabinieri. Non si fida. Anche se nonno Mario, Mario Lorenzi, al ritorno dal carcere della Dozza, dove ha portato indumenti e biancheria alla nuora, l'ha preso sulle ginocchia e glielo ha detto subito che davvero vedrà presto la sua mamma. Perché i giudici hanno stabilito che potrà incontrare i suoi bambini sei volte al mese.
A casa, ma non nella casa vera di via Borgo Vecchio, arriva nel pomeriggio anche Davide, tredici anni, il fratello più grande. Il fratello che aveva 7 anni il 30 Gennaio del 2002 ma che, quando ha cominciato a sentir parlare in casa di processi, arringhe e armi del delitto, ha preso a ripetere il suo ritornello affettuoso: «Mamma stai tranquilla, lo sai che sono sempre stato dalla tua parte». Anche Davide mercoledì sera, supplicava la madre di non lasciarlo. Anche lui ha voluto trascorrere accovacciato, nella poltrona di fianco, le ultime ore di libertà della mamma. Le ore della snervante attesa del verdetto nella casa di «zia» Elisabetta. Elisabetta Armenti, l'amica più amica di Annamaria. Per questo, forse, per ritrovare un po' della sua mamma in quella casa, ci è voluto tornare ieri.
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