Manifattura e terziario la ripresa italiana viaggia sul treno di Nord Ovest

Guido Mattioni

Quasi dimenticata per anni su un binario morto, a favore della sua più giovane, scalpitante e finanche irriverente versione - l’arrembante Triveneto - piano piano e zitta zitta la vecchia locomotiva produttiva del Nord Ovest sta riprendendo a correre e a masticare vapore, scrollandosi di dosso la polvere e facendo brillare di nuovo le cromature dei suoi stantuffi. Ad affermarlo sono gli statistici, con la notoria perentorietà di una categoria che non conosce sfumature, abituata com’è a dividere in due polli e cristiani. A confermarlo, però, anche se con i dovuti «se» e «ma» tipici degli altri - gli «umani» - sono proprio quelli che ogni giorno fanno impresa e rischiano, nell’industria o nei servizi, in Piemonte, Lombardia e Liguria.
Insomma, il Triangolo è tornato. E seppur cautamente, da realtà con i piedi ben saldi in terra, accenna a un sorriso. Infatti, «la quota degli ottimisti è in particolare più rilevante nelle aziende del Nord Ovest, in quelle industriali e di maggiori dimensioni», focalizza geograficamente e dimensionalmente l’ultima indagine congiunturale nazionale svolta da Sole24Ore e Banca d’Italia (del 26 aprile scorso). Ancora più recente (5 maggio), e tonico, è il quadro che esce dal rapporto Isae-Assolombarda sul settore manifatturiero e del terziario innovativo nella provincia di Milano, relativamente al primo trimestre 2006. Periodo in cui, si legge, «si consolidano in maniera più marcata i segnali di ripresa della fiducia delle imprese del settore manifatturiero». Un sentiment che è italiano, con il relativo indice che passa in un anno dall’84,8 al 92,7, che si conferma lombardo (da 81 a 94,2), ma che esplode a Milano balzando dal 90,6 al 98,2.
I motivi di questo «veder rosa» ambrosiano si spiegano sia alla luce delle previsioni sugli ordini e sulla domanda, sia con un occhio alle prospettive generali dell’economia. «In particolare, nell’area milanese - spiega il rapporto Isae-Assolombarda riferendosi al settore manifatturiero (ma notizie altrettanto buone arrivano dal terziario) - il saldo relativo alle attese sugli ordini sale sui massimi degli ultimi quattro anni». Con la domanda estera a guidare la danza rispetto a quella interna, grazie a una ripresa che se ancora timida in Europa, non è mai stata tale in Estremo Oriente e non lo è più negli Stati Uniti. Fortunatamente, perché quando va bene l’America, sono good news per tutti. Così, eccezion fatta per il dato relativo alle scorte, viste ancora come un po’ troppo alte, i muscoli produttivi di capoluogo e provincia - rivelano una ritrovata tonicità, con il ritorno a dati che non si vedevano dal 2000. E quando va bene Milano...
A ribadirlo è anche l’analisi congiunturale del primo trimestre 2006 stilata da Regione, Unioncamere Lombardia e Confindustria in collaborazione con le associazioni dell’artigianato. Che confermando la svolta positiva intravista già a fine 2005, parla di una produzione industriale lombarda in crescita del 2,5% su base annua e dello 0,2% sul trimestre precedente. Con aspettative per quello successivo che rimangono su buoni livelli. E se le migliori notizie vengono dalle medie aziende, va registrato anche il risultato messo a segno da quelle piccolissime. Perché per la prima volta, dopo 16 trimestri consecutivi, l’artigianato manifatturiero registra un incremento della produzione sia rispetto al trimestre precedente, sia su base annua.
Senza dimenticare che «i segnali di ripresa giungono dalla gran parte dei settori e pressoché da tutte le province», ricorda il presidente di Unioncamere Lombardia, Francesco Bettoni. Aggiungendo come «il 15% delle imprese industriali, in particolare quelle di maggior dimensione, ha già investito o pensa di investire all’estero, soprattutto per la creazione o l’acquisto di strutture commerciali e produttive finalizzate non solo all’utilizzo di fattori produttivi a minor costo, ma anche alla diversificazione dei mercati di sbocco».
E se Milano ride, Torino e il Piemonte fortunatamente non piangono. Anzi. Perché dopo diciotto trimestri consecutivi, l’ultimo trimestre 2005 ha visto il settore manifatturiero regionale interrompere la serie caratterizzata dal segno meno. «Dopo un deludente meno 5,3% del primo trimestre 2005, siamo saliti al più 0,9% di fine anno», ha dichiarato il presidente di Unioncamere Piemonte, Renato Viale, commentando i dati. In effetti, risultano aumentati fatturato e ordinativi, sia interni sia esteri per entrambe le voci, con la conseguente e diffusa sensazione di ottimismo per una vera ripresa produttiva a breve termine.
Si tratta di un trend che ha avuto nella provincia di Torino, con il suo più 1,9% della produzione industriale, l’autentico elemento trainante. Una percentuale media che a sua volta ha subìto il benefico effetto del più 3,7% registrato dal settore automotive rispetto a 12 mesi prima. Il che vuol dire senz’altro Fiat, con il grande recupero messo a segno dalle automobili del Lingotto e dall’indotto, oltre che da nomi sicuramente di nicchia, ma assolutamente prestigiosi, come Pininfarina e Giugiaro. E fanno bene anche le province di Cuneo e Vercelli, rispettivamente con una crescita manifatturiera del 2 e dell’1,4%.
Certo, nemmeno in Piemonte, come del resto in Lombardia, sono tutte rose. Perché se oltre all’ottimo dato del settore auto si confermano gli andamenti positivi di alimentare e metallurgia, vanno registrati anche gli ennesimi segni negativi dei comparti meccanico e tessile. Rispettivamente in calo del 4,8% e del 4,7%. Non a caso si tratta dei settori quelli più colpiti dal fenomeno della concorrenza asiatica, cinese in prima linea. Le macchine, vanto del genio italico, dal momento che ci sono state copiate (spesso anche molto bene) man mano che venivano vendute su quel mercato. Il tessile abbigliamento perché con i «non-costi» del lavoro, della sicurezza e delle regole per la tutela ambientale possibili nel regno dei capitalisti in rosso, non c’è assolutamente gara. Nemmeno l’aumento dei dazi potrebbe fare qualcosa in un settore così basic se si pensa che, «franco porto», una dozzina di camicie made in China sbarca in Italia al prezzo complessivo di mezzo dollaro. Anche raddoppiano i dazi, vorrebbe dire un dollaro per dodici camicie.
Comunque, per completare il quadro del ritrovato Triangolo industriale del Nord Ovest, bisogna aggiungere che un bel mare calmo, rassicurante, è tutto sommato anche quello che si stende davanti alla Liguria, con ampi squarci di promettente sole in particolare nelle province di Genova e Savona, quest’ultima in netto recupero.

Più in generale, l’indagine congiunturale della Confindustria ligure sulle prospettive del secondo trimestre 2006 indica infatti un sensibile miglioramento del clima di fiducia, segnatamente per quanto riguarda fatturato (l’indice sale di 21,1 punti) e ordini (più 19,6). Con l’aggiunta di livelli occupazionali e di propensione agli investimenti che se non proprio esaltanti - cioè a livello medio basso - si mantengono quantomeno stabili.

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