Manifesti «made in Italy», bufera sui partiti

Politici sotto accusa: affidano il lavoro all’estero mentre promettono di battere la disoccupazione

Manifesti «made in Italy», bufera sui partiti

da Berlino

Sono belli ed efficaci i manifesti elettorali dei due grandi partiti tedeschi, la Cdu e la Spd. In uno si vede Angela Merkel, abilmente ritoccata al punto da apparire seducente, che promette alla Germania «Un nuovo inizio». In un altro si vede Gerhard Schröder in grande forma che invita gli elettori ad «Avere fiducia nella Germania». Ma entrambi hanno un difetto che rischia di trasformarli in un boomerang e di costare caro in termini di voti. Quei manifesti, riprodotti in migliaia e migliaia di copie, non sono stati stampati in patria ma in Italia. Non portano il marchio «made in Germany» ma «made in Italy».
E non è un particolare da poco perché il tema centrale della campagna elettorale è stato proprio il rilancio dell'economia e quindi del «made in Germany». Non si è parlato d'altro. Come ridurre l'esercito di disoccupati (quasi cinque milioni), come creare posti di lavoro, come frenare la fuga all'estero delle imprese, come rendere più competitivo il prodotto tedesco.
E cosa fanno i due grandi partiti che si contendono la guida del Paese? Nonostante le promesse di un nuovo inizio e gli inviti ad avere fiducia nell'economia della Germania, anche loro si rivolgono a imprese straniere perché all'estero il prodotto costa meno, sottraendo così lavoro alle imprese tedesche.
Thomas Mayer, numero uno della Bvdm, l'associazione dei tipografi tedeschi, è furibondo. Ricorda che il suo settore è uno dei più colpiti dalla globalizzazione e dalle nuove tecnologie che tendono a sostituire il messaggio stampato con il messaggio diffuso per via elettronica. Solo negli ultimi anni, sottolinea Mayer, l'industria tipografica tedesca ha perso oltre trentamila posti di lavoro. E le prospettive per il futuro sono ancora peggiori.
E a pensare che la sera in cui il cancelliere Schröder annunciò a sorpresa l'intenzione di indire elezioni anticipate molte imprese tipografiche fecero salti di gioia perché ogni campagna elettorale, si sa, non è solo un evento politico ma anche un business, un’occasione per fare affari e far girare il denaro. Un po’ tutti lavorano di più. Gli organizzatori dei raduni, i mass media, i pubblicitari, le orchestrine che rallegrano i comizi. E ovviamente gli stampatori di manifesti, cartelloni e volantini che però questa volta si sentono scippati. Per non parlare dell'affronto sul piano del prestigio: dopo tutto la Germania è la patria di Gutenberg, il Paese che ha inventato la stampa. Al danno si aggiunge l'umiliazione.
Nelle centrali della Cdu e della Spd si cerca di minimizzare. Si sottolinea che tutto il materiale propagandistico cartaceo è stato ideato e perfezionato in Germania. Si ammette, però, che una buona parte è stato stampato in tipografie italiane. E perché? Perché i costi erano più bassi e si è voluto risparmiare. Spiegazione che vale per la Cdu (cristiandemocratici) che, a causa delle multe subite per lo scandalo dei fondi neri, è a corto di soldi. Un po’ meno vale per la Spd (socialdemocratici) che non ha problemi finanziari.
Ancora più imbarazzante è il caso dell'Fdp, il partito liberale. Anche i liberali hanno trovato più conveniente far stampare in tipografie italiane manifesti e volantini. Ma solo una minima parte, precisano.

Il guaio è che tra il materiale stampato fuori dai patri confini ci sono anche alcuni manifesti con la seguente scritta: «Votate Fdp per avere nuovi posti di lavoro». Chissà come reagiranno gli arrabbiati tipografi tedeschi?

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