La manovra rischiosa di Padoa-Schioppa

Alla fine, il Padoa-Schioppa, ha dato i numeri nel senso della cifre sulla manovra economica. L’entità si è ridotta, almeno per oggi, vedremo domani, di cinque miliardi. E il ministro ha spiegato perché: le cose non vanno poi così male come da lui previsto allorché, pochi mesi addietro, parlò di una crisi peggiore di quella del 1992-1993, quando i conti pubblici costrinsero Giuliano Amato a fare una manovra da 90 mila miliardi nella quale c’era di tutto, anche il prelievo forzoso in banca del 6 per mille dai conti correnti di ogni cittadino.
In due mesi è cambiato tutto, il gettito tributario di metà anno è stato buono e possiamo concederci qualche larghezza. Ora, poiché il gettito fiscale è il risultato dell’andamento economico di famiglie e aziende fra il 2005 e il 2006, Padoa-Schioppa avrebbe dovuto rivolgere un ringraziamento a Berlusconi per l’eredità ricevuta. Se non lo ha fatto è per non smentire Prodi il quale ha tentato di far credere, contro la logica e il calendario, che la sola prospettiva del suo ritorno a Palazzo Chigi ha prodotto il miracolo di rendere ricco un Paese dipinto nei mesi precedenti alla canna del gas.
Così stando e così essendo andate le cose, gioverà ricordare agli italiani, che in molti casi lo ricordano benissimo, in altri no, cosa è successo negli ultimi mesi del governo Berlusconi e durante la campagna elettorale. L’Italia è stata investita da una operazione di quelle che nell’Urss di una volta si definivano di disinformatsja e che venivano affidate a un ufficio che si fregiava di questo nome. A un certo punto, da un giorno all’altro, i discorsi dei politici, dai candidati ministri ai galoppini di quartiere, e subito dopo i titoli dei giornali più autorevoli, di quelli che maneggiano l’economia in modo disinvolto, cominciarono a mettere in giro una parola magica, tale da spiegare tutto quel che succedeva, o poteva succedere. La parola era declino, seguita da aggettivi catastrofici come temibile, inarrestabile.
La gente, le famiglie scoprirono alla Tv la miseria, quella nera, che - magari al di la della porta di casa loro - era piombata sull’Italia, a cominciare dal vicino di pianerottolo. Si citarono sondaggi per i quali nell’ultima settimana del mese i supermercati, Coop comprese, vedevano calare gli acquisti dei generi alimentari, e fra questi il latte per i bambini i quali, in questo periodo, venivano privati del loro nutrimento. Questo si è detto e scritto, e anche di questa natura è fatta quella maggioranza di ventiquattromilasettecentoquaranta voti che ha consentito a Prodi di tornare a Palazzo Chigi. Adesso, dice Padoa-Schioppa, le cose sono cambiate.


Ma se è così allora per la sinistra-sinistra la manovra resta troppo dura, possiamo fregarcene dell’Europa, notoriamente amica di Berlusconi, e ognuno dice la sua: per Epifani, le pensioni vanno bene così, la Rosy Bindi che sta al governo vuole l’assegno ai figli fino ai 18 anni, il ministro Ferrero vuole il reddito minimo d’inserimento per tutti, Emanuela Palermi, capo-gruppo dei Verdi-Pdci al Senato e dunque titolare di un voto prezioso, pensa in grande e propone il ripristino della scala mobile. E Padoa-Schioppa scopre, un po’ in ritardo, di essersi messo nei guai, che questi continueranno fino a Natale, fino all’approvazione della manovra in Parlamento.
a.gismondi@gismondi.it

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