È emergenza nazionale per la marea nera, ed è stato di emergenza per la Louisiana. La macchia di petrolio è in vista del Delta. Tensioni crescono tra Bp e la Casa Bianca. Il presidente Barack Obama ha detto che Bp dovrà ripulire e pagare, ma a fronte dell'impotenza del gruppo petrolifero britannico a contenere la catastrofe, la Casa Bianca ha mobilitato l'esercito.
La marea nera è un disastro ambientale di «gravità nazionale», ha detto la ministro della Homeland Security Janet Napolitano. E intanto, oltre ai gamberi e alle ostriche della Louisiana, ai pellicani, ai tonni e ai capodogli del Golfo un'altra vittima del greggio si profila all'orizzonte: il piano di trivellazini, annunciato da Obama qualche settimana fa, inevitabilmente subirà una battura d'arresto.
Sospinti dai venti, vapori maleodoranti emessi dalla marea nera sono arrivati oggi a farsi sentire fino a Pensacola in Florida. Per far fronte al disastro la Casa Bianca ha ordinato l'apertura di un nuovo centro di comando in Alabama mentre domani la Napolitano e la capo del'Epa Lisa Jackson si recheranno in Louisiana, nella «ground zero» della nuova emergenza.
Obama, tenuto regolarmente informato dal ministro della Sicurezza Interna Janet Napolitano, ha aperto oggi il briefing di intelligence mattutino con 20 minuti di aggiornamenti sul disastro. «Il presidente viene informato più volte nel corso della giornata, e lo è stato fin dal primo giorno», ha tenuto a precisare il portavoce Robert Gibbs, preoccupato che Obama non vada incontro a un disastro di immagine simile a quello del suo predecessore George W. Bush, troppo lento a reagire all'emergenza dopo il passaggio dell'uragano Katrina.
È intanto corsa contro il tempo in quella che Bp ha definito la più vasta operazione di contenimento nella storia: 1.100 persone sono impegnate sul posto. Secondo gli esperti gli effetti negativi sulle coste potrebbero farsi sentire ancora tra 50 anni. L'amministrazione Obama ritiene che Bp non stia facendo abbastanza: «Gli staremo addosso perché sono loro i responsabili, ha detto la Napolitano mentre l'amministratore delegato del gruppo petrolifero Tony Hayward scaricava la colpa su Transocean, il gruppo svizzero da cui era stato presa in leasing la piattaforma affondata: «Deepwater Horizon era loro, erano loro i responsabili della manutenzione».
La Guardia Costiera ha rivisto ieri le stime della perdita: dopo la scoperta di una terza falla, la macchia cresce al ritmo di cinquemila barili di petrolio al giorno, cinque volte di più dei mille denunciati da Bp. Ci potrebbero volere fino a tre mesi per fermare la fuoriuscita del greggio assassino, ha stimato una fonte dell'amministrazione Usa. Bp ha accusato il colpo: «Accettiamo qualsiasi tipo di aiuto», ha detto Doug Suttles, il Chief Operating Officer, di fronte alla possibilità che il Dipartimento della Difesa intervenga con uomini e tecnologie.
Bisogna far presto perché l'impatto economico del disastro si preannuncia a tutto campo. Il ministero dell'interno non ha escluso una pausa delle trivellazioni offshore fintanto che le società petrolifere non dimostreranno che sono in grado di controllare la sicurezza delle operazioni. Rischia grosso anche l'industria della pesca della regione, che ha un fatturato da 2,4 miliardi di dollari. E intanto scattano le prime azioni legali: gli allevatori di gamberi della Louisiana, che nel Delta del Mississippi minacciato dal petrolio hanno la loro ragione di vita, hanno denunciato Bp per «negligenza» e «inquinamento».
Nell'azione legale collettiva per cinque milioni di dollari sono citati anche Transocean, la società svizzera proprietaria della piattaforma, e Halliburton, il gigante dell'energia che aveva effettuato sull'installazione «riparazioni» che forse sono all'origine dell'esplosione che l'ha fatta affondare.
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