Maroni: «Un piano B per accogliere 50mila profughi»

RomaLa mappa della prima accoglienza per le migliaia di profughi che nelle prossime settimane potrebbe raggiungere la Sicilia dal nord Africa sta diventando più precisa. Il ministero della Difesa ha proposto al Viminale tre aree e strutture nel sud Italia, più altrettante caserme o aree militari al nord. Sta proseguendo la ricognizione regione per regione dei prefetti e ieri al Viminale il ministro Roberto Maroni con i rappresentanti di Regioni (presenti i governatori Errani, Pd e Polverini, Pdl), Provincie e Comuni ha deciso di istituire da oggi un «tavolo per verificare sul territorio le strutture che possono essere utilizzate e come possono essere gestite per un impatto di 50mila persone». Lo scenario «peggiore». Quello che è da vedere è se i 50mila arriveranno in qualche mese o «in una settimana».
La prima struttura è già operativa. Dopo il sì a maggioranza dei sindaci della provincia, il residence degli Aranci di Mineo, nel catanese, è ufficialmente trasformato in villaggio della solidarietà: qui saranno accolti coloro che presenteranno domanda di asilo. Il ministro della Difesa Ignazio la Russa ha dato il via libera all’invio di 60 carabinieri per il controllo dell’area. I militari partiranno immediatamente. Gli altri profughi saranno assistiti nelle strutture che si stanno individuando. Si stanno disegnando tutti gli scenari possibili: in caso di un esodo prolungato nei mesi non è escluso l’utilizzo di tende o di container per un periodo limitato di tempo. Maroni l’aveva spiegato nei giorni scorsi lanciando un messaggio all’Europa: l’Italia è pronta alla prima accoglienza. Poi l’emergenza umanitaria deve essere gestita dall’Unione, perché nessuno Stato sarebbe in grado di reggere un’ondata di decine di migliaia di persone oltre il primo soccorso.
Il governo sta però lavorando su un altro fronte. La mappa delle strutture è il «piano B», come l’ha definito Maroni. Il piano A è la prevenzione del grande esodo nella terra di partenza. E questo sarà fatto per mezzo della missione umanitaria italiana che ieri ha avuto il via libera dal consiglio dei ministri con uno stanziamento di 5 milioni di euro. «Abbiamo deciso - ha spiegato il ministro Franco Frattini - due importanti missioni umanitarie». La prima, «su richiesta dell’Egitto e della Tunisia, prevede l’aiuto a circa 60mila egiziani che lavoravano in Libia e ora sono fuggiti in Tunisia». Gli aerei della Difesa italiana si occuperanno del rimpatrio degli egiziani in Tunisia, una task force medica dell’assistenza.
La seconda missione «si dirigerà in Cirenaica portando cibo e medicinali a una popolazione stremata. Nel giro di 24-48 ore - ha proseguito Frattini - sono in grado di partire navi per allestire nella zona di Ras Jedir un campo di assistenza italiano con la collaborazione dell’Uhncr e dell Oim». Oltre ad aerei e navi militari, «abbiamo anche disponibilità di traghetti e di mezzi civili, che armatori italiani metterebbero a disposizione gratuitamente».
Dopo i 347 arrivi di martedì notte, ieri sono sbarcati a Lampedusa altri 151 stranieri. Il ritmo ormai è di almeno 150 sbarchi al giorno. Ma «importanti segnali sui controlli», dice Maroni, stanno arrivando dalla Tunisia, che ieri è intervenuta su un’imbarcazione che si era spinta oltre le sue coste. Il Viminale ha offerto al governo tunisino «mezzi per il controllo dei porti di Djerba e Zarzis». Il piano di prevenzione prevede quindi una stretta collaborazione Italia-Tunisia per evitare in partenza «una fuga di massa», come la chiama il titolare del Viminale, verso l’Italia. In settimana potrebbe essere rinegoziato l’accordo in materia di immigrazione.
Il piano di accoglienza in Italia, la gestione dei nuovi centri, sarà gestito con un «fondo nazionale» da definire, ha sottolineato Maroni. Come nazionale sarà l’impegno per l’accoglienza: la Sicilia è la terra del primo approdo, ma non sosterrà da sola, ha chiarito il ministro leghista, il grande esodo.

Sono coinvolte «tutte le regioni», nessuna esclusa. Soddisfatto anche Errani: «Un lavoro di questo tipo è il modo migliore per mostrare come la Repubblica, che si avvia ad essere federale, possa affrontare in modo unitario i problemi».

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