Marthe Bibesco la principessa che sedusse il '900

Resa immortale da un quadro di Boldrini fu al centro della politica e della cultura

Marthe Bibesco la principessa che sedusse il '900

Nel 1911, all'età di venticinque anni, la principessa Marthe Bibesco venne ritratta da Giovanni Boldini, il pittore per eccellenza delle belle donne della Belle Epoque, soprannominato dalle sue stesse aristocratiche modelle il satiro, per il magico moltiplicarsi delle sue mani a mo' di tentacoli intenti ora ad aggiustare un ricciolo, ora una piega dell'abito... Dipinta di profilo, aerea come se stesse per spiccare il volo, i capelli come una nuvola bronzea, l'incarnato rosa-bianco di un décolleté che lascia indovinare la perfezione che sotto si nasconde, il dipinto è un capolavoro di malizia e di seduzione, arricchito da un tocco di nero sull'argento del vestito che nel linguaggio cifrato dell'epoca stava a indicare la pericolosità del soggetto in campo sentimentale... Boldini intitolò il quadro L'aeroplane, nel tentativo un po' bislacco di rendere omaggio al marito di Marthe, Georges Bibesco, di cui erano noti gli exploits e le passioni in campo aeronautico, ma il principe-consorte non nascose la sua irritazione: troppa nudità, troppe sottolineature erotiche, più una cocotte che una moglie... Non avrebbe pagato il quadro, disse all'artista. Quanto a Marthe, la sua minaccia di vendere gli smeraldi di famiglia per comprare il dipinto non ebbe alcun effetto: quel quadro, in casa sua, non sarebbe entrato. Né ora né mai.

Quasi trent'anni dopo, il dipinto venne acquistato da Alfred Fabre-Luce direttamente dalla vedova di Boldini, per evitare, come dirà egli stesso, che finisse fra le mani e sotto gli occhi di uno sconosciuto... All'inizio degli anni Venti, il ventenne Alfred, futuro diplomatico e scrittore, era stato il cavalier servente di Marthe fra Biarritz, Venezia e Mogosoaia, in Romania, non lontano da Bucarest, dove c'era il palazzo rosa dei Bibesco. Aveva preso il posto di Alfonso XIII, il re di Spagna decaduto, era stato poi sostituito da Henry de Jouvenel, uomo politico e marito di Colette, scrittrice e donna tanto celebre quanto scandalosa, nei suoi libri come nei suoi comportamenti. Senatore, capo della delegazione francese della Società delle Nazioni che a Ginevra si occupa del disarmo post-bellico, Henry è allora in piena ascesa politica e bagarre familiare: è stanco di Colette, che è andata a letto persino con suo figlio, vuole divorziare, ma lei si rifiuta. Quanto a Marthe, il decennio che la separa da quell'erotico, vaporoso e sulfureo ritratto di Boldini è stato un susseguirsi di fatti e gesta. Ha scritto un primo libro, Les Huit paradis, dopo un viaggio in Persia, accolto da critiche più che lusinghiere, è entrata a far parte del Tout Paris che ruota intorno alla contessa de Greffulhe, l'ispiratrice della duchessa de Guermantes di Marcel Proust, e che è cugina di primo grado di Georges Bibesco. Durante la Grande guerra Marthe ha fondato e diretto in Romania un ospedale, nel pieno centro di Bucarest, anche se questo non le ha impedito di essere accusata di simpatie austro-tedesche, accuse fomentate dalla sua mania di mischiarsi alle trattative diplomatiche con contorno di ministri degli Esteri, funzionari e giornalisti accreditati, faccendieri, spie, treni di lusso e suites di grandi alberghi... Del resto, suo zio è l'ambasciatore di Romania a Parigi, suo padre un politico influente in patria. La passione che Guglielmo II di Prussia, il Kronprinz erede al trono, nutre per lei non ha fatto che peggiorare il quadro: Marthe-Hari è il velenoso soprannome che tutto ciò le è valso.

La Francia vittoriosa del dopoguerra dimentica e/o perdona in fretta e agli occhi del pur navigato Henry de Jouvenel Marthe Bibesco, nella sua pienezza di trentenne, occhi grigio-verde, labbra color carminio, voce vellutata, è un concentrato di charme francese e esotismo bizantino, una Madonna dell'Orient-Express provvista di favolose ricchezze, possedimenti nei Carpazi innevati, una specie di principessa nomade che conosce tutto il mondo che conta, scrittrice e musa... Quanto e lei, Henry è il tipo d'uomo che la attrae, ambizione e energia, passione politica e gentilhommerie, gusto per gli intrighi, le lotte, il successo... Non durerà molto, il tempo per lui di divenire ministro, per lei di pubblicare una prima opera magistrale, Isvor. Les pays des saules, sulla vita dei villaggi rumeni, e poi, a ruota, via via che l'amore si sfilaccia e "io trovo consolazione solo nella scrittura", Le perroquet vert, Au bal avec Marcel Proust e, soprattutto Catherine Paris, dove è adombrata la sua giovinezza di sposa appena sedicenne di un marito assassino senza delicatezze la prima notte di nozze, e dove, priva di ogni intento moralistico, c'è la denuncia della condizione femminile di quel primo Novecento dove le ragazze vengono deflorate non solo della verginità, ma dei loro sogni, sottomesse a uno sposo scelto per loro e alle convenzioni dell'epoca.

Negli Stati Uniti venderà oltre 60mila copie, ne verrà fatto un film, aprirà a Marthe Bibesco le porte delle grandi riviste di moda. Nel suo hôtel particulier sulle Isle Saint- Louis si incrociano il premier britannico Lloyd George e il pianista Rubinstein, Misia Sert, Antoine de Saint-Exupéry...

Gli anni successivi vedranno l'estro di Marthe Bibesco continuare a risplendere, al fianco del duca di Devonshire, di Sofia di Grecia, di Winston Churchill, ammirata da Cocteau e dall'abbé Mugnier, il confessore della Parigi letteraria che conta, come da Vita Sackville-West, ma il panorama internazionale si fa sempre più cupo e, come già ai tempi della Grande guerra, è la sua Romania a essere un terreno privilegiato di caccia. All'indomani del 1945 Marthe si ritroverà esule, senza beni né terre, vedova, separata dalla figlia e dai nipoti e però ancora e sempre indomita, mai in silenzio. Nel giugno del 1971, due anni prima di morire e già ottantenne, l'Exposition Proust al museo Jacquemart-André di Parigi, l'avvenimento culturale della stagione, vede quel ritratto di Boldini di cui si è parlato all'inizio, campeggiare sulla scalinata che introduce alla mostra. Fabre-Luce l'ha appena venduto, ma prima ha avuto l'eleganza di farlo sapere a Marthe con una lettera dolce e malinconica: 8 milioni di franchi è stato il prezzo, ovvero 10 milioni di euro di oggi... Di quel viso oggi non resta più niente commenta lei, ma "sono innocente della mia età"... Fa ancora in tempo a posare per il fotografo Cecil Beaton, seduta ben dritta, l'occhio divertito di chi dice: "Perché no? Perché non io?". Muore in poltrona, le lampade accese, il servizio di porto nell'angolo della sala, i fiori sulla tavola, la cena pronta per essere servita, ma non ci sono ospiti previsti per quella sera...

Di questa vita piena, anche di lutti familiari, suicidi compresi, dà ora conto Aude Terray nel suo La princesse Bibesco. Frondeuse et cosmopolite (Taillandier, 420 pagine, 12 euro), che si avvale di nuovi documenti di parte rumena e di lettere e testimonianze inedite.

Il risultato è l'affascinante ritratto di una donna indomita, dalla vita non felice, ma bella e singolare nel suo alternarsi di splendori e miserie. "Non la scambierei per un impero" scriverà in vecchiaia. C'è da crederle.

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