Cronaca locale

Il marzo caldo del Blue Note nel segno di Billy Cobham

Il mese di marzo si addice al club Blue Note. È nato il 19 marzo 2003 in via Borsieri 37 con alcuni concerti di Chick Corea, e da allora ha sempre festeggiato la ricorrenza attribuendo un premio a qualche musicista di valore internazionale. Quest'anno precorre addirittura la data: ieri è iniziata una «cinque giorni» di musica favolosa con due concerti ogni sera, affidati per i primi due giorni al trio del contrabbassista Ron Carter con Jacky Terrasson pianoforte, Russell Malone chitarra, e per gli ultimi tre al sestetto del batterista Billy Cobham con Christophe Cravero violino, Camelia Ben Nasur tastiere, Jean-Marie Ecay chitarra, Fifi Chayeb basso elettrico e Junior Gill steel drums, un efficace attrezzo a percussione presente a volte nei gruppi jazz che privilegiano i ritmi. Si tratta di due complessi di tendenze molto diverse, che perciò richiamano spettatori altrettanto diversi ma ugualmente avveduti. E il premio annuale è già deciso: toccherà a Billy Cobham.
Ron Carter, uno dei migliori contrabbassisti della storia della musica afro-americana, ha da poco superato i settant'anni. Ha avuto la fortuna - lo dice lui stesso - di essere nato con la musica nel dna: non a caso sa suonare, in modo tutt'altro che dilettantesco, un'altra mezza dozzina di strumenti, vanta un paio di diplomi di conservatorio, è insegnante e direttore di gruppi propri. I suoi innumerevoli estimatori sostengono che incute rispetto anche soltanto a guardarlo: alto, di aspetto severo pur essendo pronto alla battuta nel momento giusto, ha più il piglio del concertista classico (ha fatto parte anche di orchestre sinfoniche e da camera) che del solista di jazz. Non si contano le sue collaborazioni con i più famosi maestri del jazz: la più celebrata, tuttavia, è la partecipazione al mitico quintetto di Miles Davis degli anni Sessanta con Wayne Shorter sax tenore, Herbie Hancock pianoforte e Tony Williams batteria, quello che precedette di poco lo fondamentale svolta «elettrica» davisiana del 1969. Di Carter la critica francese loda «la tecnica straordinaria, la sonorità superba e il perfetto senso del ritmo che hanno influenzato tutti i contrabbassisti più giovani». Non c'è nient'altro da aggiungere.
Di Billy Cobham, panamense di nascita ma cittadino di New York fin dall'infanzia, le doti che subito vengono in mente a chiunque sono la potenza, le velocissime combinazioni fra il tamburo rullante, la grancassa e i piatti, nonché lo stile al limite fra il jazz e il rock e il polso ferreo di direttore. Figlio di un pianista che ne ha favorito al massimo la naturale disposizione per la musica, ha esordito nel jazz ad alto livello collaborando con il quintetto del pianista Horace Silver nel 1968 e in seguito con i fratelli Randy e Michael Brecker, tromba e sax tenore, e con la Mahavishnu Orchestra del chitarrista John McLaughlin. Nel 1975 costituisce un proprio gruppo che chiama Spectrum dal nome di un suo album diventato subito famoso; da allora dirige soltanto gruppi suoi. Con Cobham è assicurata la spettacolarità, favorita dal suo magistero nell'arte della poliritmia e dei tempi dispari.

E' stato anche uno dei primi batteristi che abbiano usato effetti elettronici, echi e sequenziatori, e naturalmente continua tuttora.

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